Prima della strada Statale 81, c’era un’antica strada che costeggiava il fosso Trentamano, e collegava Teramo alla Valle del Vomano. Il sistema viario era il comune denominatore di una serie di edifici antichi,
partendo da Caprafico, Forcella, bivio Poggio Cono. Proprio presso il sito archeologico di bivio Poggio Cono si è tornato a scavare ad agosto 2012, dopo le prime indagini archeologiche iniziate a settembre 2011 in occasione dei lavori per l’impianto del metanodotto, il cui passaggio ha implicato lo scavo solo delle strutture che ne ostacolavano il tragitto, mentre gli altri ambienti o settori di cui si conosce l’esistenza negli attigui terreni sono stati ignorati e restano interrati. Ciò incide sulla comprensione e l’interpretazione delle aree archeologiche. Il rischio è che tutto si minimizzi e si vanifichi. “È il secondo anno che il sito affronta l’inverno sprovvisto di una protezione adeguata. Avevano promesso di terminare i lavori a primavera 2012, ma ecco le condizioni attuali del sito che resta inerme soggetto alle intemperie”. Questa l’amara considerazione di Daniele Di Battista, gentile signore del luogo con cui abbiamo parlato. “Sbrigatevi. O il sito si rinterra o si sistema con una copertura. Una sola cosa hanno fatto di buono, hanno esteso il vincolo archeologico a tutta l’area. Vogliamo conservare e valorizzare l’archeologia per noi stessi, per andare a fare una passeggiata o fermarsi a mangiare qualche volta all’aperto”. Durante il giro di ispezione all’insegna della ricognizione delle peculiarità archeologiche nella vallata del Vomano, Daniele ci fornisce un bagaglio di notizie. “Durante i lavori del metanodotto -aggiunge- a Forcella, in contrada Padula, gli scavi hanno interessato solo la parte marginale dell’intero sito archeologico. Hanno riportato alla luce ambienti molto grandi. Sono stati stanziati 50.000 euro per il restauro delle strutture di epoca romana. Il problema è che hanno deciso di rinterrare con l’alibi di aver rintracciato solo edifi ci di scarsa importanza. Hanno ricoperto il sito con uno strato di 40 centimetri di terra: uno strato di terreno troppo sottile. Avrebbero dovuto alzare almeno di un 1 metro per evitare che le intemperie lo assottigliassero ulteriormente. Di conseguenza i contadini, arando, hanno divelto i materiali di protezione delle strutture, ovvero le tavole di legno e il tessuto non tessuto. In questo stesso sito si voleva fare un centro di stoccaggio per l’aggressione dell’humus. Insieme ad un gruppo di amici bloccammo l’attuazione del progetto. Facemmo intervenire la Soprintendenza e portammo negli uffici del Ministero una campionatura di reperti che avevamo raccolto. Ci dette una mano Giampaolo Di Virgilio, e cercammo di sviare quei propositi sbagliati che avevano preso di mira il territorio. Non volevamo avere un centro di stoccaggio di fronte alle case. Dall’altra parte volevamo tutelare anche il sito archeologico che adesso è stato nuovamente incontrato dai lavori del metanodotto”. Daniele aggiunge che: “A Forcella in Contrada Piana Piccola c’è un nucleo abitativo enorme distribuito su terrazze disposte dalla cima della collina fino alla piana verso il fiume. In particolare è stato individuato un sistema per l’approvvigionamento idrico composto da canalizzazioni e cisterne, il quale molto probabilmente riforniva il centro abitato. È proprio qui che ho rinvenuto una grande quantità di monete”. San Rustico, Geranzano, Guardia Vomano, Macere di Canzano, potremmo continuare l’elenco. Questi siti andranno a morire? “Secondo me sì. Figuriamoci, non si riesce a scavare San Rustico che è una città di 10 ettari, non è un piccolo sito. San Rustico non si scava più dal 1972 quando fu tagliato in due dalle trincee per la costruzione dell’autostrada per Roma. Gran parte del sito è ancora sepolto. I contadini continuano ad arare e quando trovano tante pietre dissodano il terreno con la ruspa buttando il materiale al fiume. Non nascondiamo che recenti lavori del Ruzzo in quest’area si sono svolti tranquillamente senza l’assistenza di un archeologo”. Ci sono tombaroli che praticano mercato clandestino? “Monete e oggetti se ne trovano talmente tanti che sul mercato nero non valgono niente. Il problema è il valore storico. Prima si arava ad una profondità di 40 centimetri, mentre oggi si raggiungono gli 80. Esiste un vincolo archeologico che sanziona l’aratura superiore a 30 cm, ma chi lo rispetta? Tutti scavano, lavorano e tutto si distrugge”.