Il mistero delle donne abruzzesi al voto.
Ho visto cose, durante questa campagna elettorale, che mi hanno fatta svegliare di soprassalto in piena notte per paura dei candidati, non dei ladri (che invece hanno una loro dignità): ho visto persone perseguitate su whatsapp per un voto;
ho visto bisnonne trascinate ai seggi in barella; ho visto candidarsi tombini, pali della luce e cespugli; ho visto santini che facevano sembrare il pagliaccio IT di Stephen King una simpatica canaglia; ho visto santini al cimitero (e non riesco a smettere di pensarci); ho visto risse, dibattiti, voti congiunti, disgiunti e schede elettorali segnate con l’UniPosca. Ho visto e ho taciuto. Solo una specifica polemica post elettorale mi ha fatta uscire dal limbo delle idee in cui mi ero barricata con orgoglio, una polemica che in Abruzzo ha coinvolto media, opinionisti, politologi di elevatissimo rango, esperte di pari opportunità, cani, gatti e criceti. Il problema è: il Consiglio Regionale Abruzzese rischia di annoverare tra le proprie fila una sola presenza femminile. Cerchiamo di capire meglio: queste candidate che non sono state elette, da chi non sono state elette? Se è cosa nota che nel mondo siamo più donne che uomini e che dunque l’elettorato anche in Abruzzo sarà più folto di estrogeni che di pecore, come mai le donne non hanno votato le donne? Dove stavano le donne abruzzesi il 25 Maggio? Tutte a Ovindoli? Allo Stadio a vedere Pescara-Modena? No: le donne abruzzesi il 25 Maggio stavano a votare gli uomini, ecco dove stavano; sicuramente non tutte, ma i risultati sono abbastanza chiari. Allora di cosa parlate? Con chi ve la prendete? Che quote rosa shocking andate predicando, adesso, se siete le prime a non fi darvi?. Di cosa siete gelose: di dover pagare voi le borse firmate delle neo elette, quando le avete pagate per una vita alle amanti dei campioni che avete votato fino a oggi? Io non capisco, come pure non capisco perché debbano esistere le commissioni per la parità di genere: secondo me creare tali organismi e farne parte significa automaticamente ammettere di essere inferiori e di voler provare a sistemare le cose. Secondo me la parità di genere non si predica: si fa. Si fa svegliandosi la mattina e andando a lavorare; si fa cercando di diventare donne migliori di quelle che non ci piacciono; si fa cercando di far capire a un’amica perseguitata dal proprio ragazzo che quello non è amore e neanche un calesse: è un tram in fronte. So che il mio punto di vista può essere assolutamente non condivisibile, ma io conosco tante donne veramente in gamba, che non hanno bisogno di far parte di nessun organismo né di dimostrare di essere uguali a uomini di successo per vivere, donne che ogni giorno fanno i conti con la vita e non mollano, se i conti non tornano. Allora questa riflessione la dedico a loro, alle donne speciali che conosco:
A Valeria, donna meravigliosa che ha imparato a respirare di nuovo, una boccata d’aria alla volta, un sorriso alla volta; A iorgia, amica vera; A Vincenzina, che sa entrare nella testa dei bambini meglio di Peppa Pig e in quella dei grandi peggio di un martello pneumatico; A quelle che pensano davvero, prima di parlare, ed emettono sentenza solo al terzo grado di giudizio; A tutte le neo e future mamme: state generando un’onda anomala di fertilità che fa bene al cuore…e all’Istat; Ad Angela, prima donna a portare i pantaloni nel suo paese, qualche anno fa; A tutte le candidate (ma proprio a tutte tutte) che hanno deciso di metterci la faccia: brave! A me stessa, perché ieri mia nipote ha deciso che la vecchia altalena doveva essere rossa e allora ho preso carta vetrata e vernice e dopo cinque ore l’altalena era rossa. Ho provato a cercare un Consigliere Regionale che lo facesse per me ma niente: quando servono non li trovi mai. Ultima riflessione sul post-ballottaggio teramano che ha finalmente emesso il proprio verdetto: con estremo gaudio e smisurato stupore posso fi nalmente affermare che a Teramo…no, non è cambiato nulla.
PrimaPagina edizione Luglio 2014 – di Laura Romani