NILS LIEDHOLM E LA MEMORIA LIEVE DEL CALCIO

A 100 ANNI DALLA NASCITA DI UN GRANDE UOMO DI SPORT

In un libro di Sebastiano Catte l’eccezionale percorso umano e sportivo dell’allenatore che contribuito a scrivere le pagine più belle della storia di Milan e Roma

Il libro (una nuova edizione aggiornata per Interno4 edizioni) è stato presentato in anteprima nei giorni scorsi ad Oliena (Nuoro) in occasione della rassegna “Leggere lo Sport”. Sono intervenuti, insieme all’autore, il giornalista Alberto Masu e gli scrittori Darwin Pastorin e Sandro Bonvissuto.

Il lavoro di Sebastiano Catte è frutto di lunghe conversazioni con il maestro svedese negli ultimi anni della sua vita, in cui vengono rievocate le tappe più significative della sua prestigiosa carriera di calciatore e di allenatore. Dalle sue prime esperienze calcistiche in Svezia (con cui ha conquistato la medaglia d’oro olimpica e il secondo posto ai mondiali del 1958 dietro al Brasile di Pelè) alle epiche sfide del Milan degli anni Cinquanta (quello del Gre-No-Li e di Schiaffino); dal Milan di Rivera a quello di Baresi, Maldini e di Ancelotti e alla Roma dello storico scudetto del 1983, simboleggiato anche dalle figure di Di Bartolomei, Conti e Falcao. Il libro contiene anche interviste esclusive ad allievi e compagni di strada del “Barone” (così era soprannominato per la sua eleganza e signorilità in campo e fuori), tra cui Gianni Rivera, Paulo Roberto Falcao, Antonio Ghirelli, Cesare Maldini, Bruno Conti, Roberto Scarnecchia e suo figlio Carlo.

Nils Liedholm del calcio è stato – a giudizio pressoché unanime – uno dei più grandi maestri di ogni epoca. Un titolo conquistato anche in virtù di un carisma e una personalità ricchissima di doti umane apparentemente semplici, eppure rare, quali la lealtà, la gentilezza, la saggezza di chi considera effimere gran parte delle passioni umane. Quel particolare tipo di saggezza che – consolidatasi grazie all’esperienza – consente di evitare di prendere troppo sul serio noi e gli altri e lascia quindi ampio spazio allo humour e al paradosso. Qualità non banali, in un mondo in cui ancora oggi si stenta a credere che sia possibile ottenere risultati eccellenti non abdicando rispetto ai valori più autentici dello sport. E soprattutto, come emerge dalla rilettura dell’affascinante vicenda umana e sportiva del maestro svedese, senza mai perdere di vista l’ideale di un calcio esteticamente attraente, solare ed elegante. Anche fuori dal campo il suo stile e il suo modo di essere è sempre rimasto fedele a quello che mostrava sul terreno di gioco con il suo incedere a testa alta e la sua corsa perfetta ad ampie falcate da manuale del calcio.

                     

Hanno detto di Liedholm:

“Uno dei calciatori più limpidi ed eleganti della storia del calcio.”
(Eduardo Galeano)

“Mai ci fu tanta bellezza in un insieme di uomini che nel campo si muovevano come fossero un unico organismo.”
(Albert Camus su “Les Temps Modernes” a proposito del Gre-No-Li)

“Difficilmente vedrete un giocatore entrare su Liedholm con intenzioni fallose; incute troppo rispetto, ammirazione direi, quel lungo signore che passeggia in campo con lo stile di un nobile, come se al posto di una maglia e di un paio di calzoncini neri, lui portasse il frac.”
(Peppino Meazza)

“Non è un caso che nel nostro ambiente venga chiamato maestro, un titolo di cui pochissimi possono fregiarsi. Di mister in giro ne troviamo tanti ma i veri maestri si possono contare sulle dita di una mano.”
(Cesare Maldini)

“Quel mona del Barone può dire quello che vuole e tutti gli credono!”
(Nereo Rocco)

“Nils del calcio è un vero pedagogista perché riesce a insegnarlo, non solo a prescriverlo. I tecnici come lui sono preziosi proprio perché sono pochi. Altri danno l’impressione di insegnare all’università senza aver superato il liceo.”
(Gianni Brera)

Liedholm ha sempre avuto la capacità di trasfondere nelle sue squadre le sue caratteristiche umane e tecniche. Gli schemi di gioco che ha introdotto con grande coraggio negli anni in cui ha guidato la Roma hanno rappresentato una indubbia svolta nel calcio italiano. E si sono rivelati ancora più convincenti grazie alla penetrazione psicologica con cui seguiva, pungolava e divertiva i suoi giocatori.
(Antonio Ghirelli)

“Mi fece esordire in serie A a 16 anni. Mi disse “Ricordati che il calcio è un gioco, vai in campo e divertiti”. Quelle furono le parole perfette da dire a un sedicenne spaventato e mi hanno accompagnato per tutta la mia carriera.”
(Paolo Maldini)

“È stato il primo a insegnare la zona in maniera vincente in Italia. Tutto è cominciato con lui: era decisamente avanti rispetto a tutti gli altri allenatori del campionato italiano.”
(Paulo Roberto Falcao)

“Credo sia evidente che da lui ho imparato moltissimo. È stato ed è tuttora, il mio riferimento più importante nel mondo del calcio.”
(Carlo Ancelotti)

 

Un brano tratto dal capitolo “Nils Liedholm l’antipersonaggio”

[…] Scrutandolo attentamente mentre si accinge a sfogliare l’album dei ricordi si ha la netta sensazione che il passare inesorabile degli anni non abbia affatto scalfito la capacità di trasmettere ai propri interlocutori una serenità fuori del comune. Quella che ha a che fare con un naturale equilibrio, una profonda armonia verso se stesso e l’ambiente circostante unita ad una grande forza interiore in grado di dominare qualunque tipo di emozione.

“La mia filosofia – spiega – è stata sempre quella di prendere tutto con calma, anche quando le cose vanno male, di fronte alle difficoltà. I miei sforzi maggiori sono stati sempre orientati a creare armonia. Questo carattere mi ha senz’altro aiutato nel superare i momenti critici che talvolta si presentavano e ad affrontare nel migliore dei modi le sfide difficili, sia nel lavoro sia nella vita privata. Il mio oroscopo corrisponde effettivamente a quello che sono in realtà. Sono del segno della Bilancia e sono nato alle cinque del mattino, quando si dice che l’aria sia più pulita. Ricordo che molti anni fa, nel corso di un programma televisivo svedese a me dedicato venne intervistato un noto psicologo italiano, il quale dichiarò di essersi ispirato nella sua attività professionale al mio lavoro come allenatore della Roma. Affermò con grande convinzione che anche da uomini di sport come me potevano venire preziosi insegnamenti su come si possa rispettare una persona senza dover per forza alzare la voce, sul modo di difendersi dalle provocazioni senza mai diventare aggressivi, su come si possa essere autorevoli senza doversi imporre necessariamente con le maniere forti.”

[…] Armonia, equilibrio, amore per il bello ma anche sdrammatizzazione, gusto per il paradosso: sono le parole e i concetti chiave che ricorrono con più frequenza nel suo lessico ideale. Quando era ancora sulla breccia aveva sempre l’aria di divertirsi un mondo nel fornire risposte surreali a giornalisti invadenti e totalmente privi di humour. Questo suo atteggiamento – si affretta a chiarire – non deve essere interpretato però come un’arma di difesa per respingere i media, per cercare di influenzarli psicologicamente.

“Credo che tutto questo – afferma – faccia parte intrinsecamente del mio modo di vivere: è un approccio che mi ha aiutato molto a rendere tutto più semplice e a sdrammatizzare, una linea di condotta del tutto spontanea, naturale. In questo modo di affrontare la vita in fondo giocano un ruolo fondamentale le mie origini nordiche, l’educazione che ho ricevuto da ragazzo in famiglia e a scuola, e che ovviamente ti condiziona sempre in tutto quello che fai. Ricordo che in gioventù spesso con i miei compagni ci dilettavamo con delle vere e proprie gare di battute e di non-sense. Questi esercizi erano preziosi perché ci permettevano almeno in parte di spezzare la monotonia e il senso di oppressione dei rigidi e interminabili inverni svedesi. Inoltre mi hanno aiutato a dare il giusto peso alle cose, a non correre il rischio di prendermi troppo sul serio e quindi sviluppare una sufficiente dose di autoironia.”

Viene naturale pensare agli innumerevoli aneddoti e alle iperboli che il vecchio Nils era solito dispensare a interlocutori che spesso pendevano dalle sue labbra quasi come se si trovassero di fronte ad un oracolo. Il suo carisma era tale che si poteva permettere il lusso di definire “il Keagan della Brianza” una promettente ala del Monza, paragonare a Ferenc Puskas o a Gigi Riva oscuri attaccanti della Sambenedettese o della Ternana, far credere a tutti che il giovane Valigi sarebbe diventato senza ombra di dubbio il nuovo Falcao. Oppure spingersi a raccontare episodi della sua carriera di calciatore che si collocavano in un luogo di confine tra leggenda e realtà. Talmente surreali da apparire degni dalla fervida fantasia di uno scrittore sudamericano del calibro di un Osvaldo Soriano.

Ecco, ad esempio, come descriveva nei dettagli, nel suo italiano incerto e immaginifico, l’azione dell’unica autorete che avrebbe fatto in carriera: “Jocavamo contro il Palermo a San Siro e a un certo punto tirai talmente forte che il pallone, dopo aver colpito la traversa della porta avversaria attraversò tutto il campo e tornò nella nostra area: per poco non sorprese il nostro portiere”. Se le pareti degli spogliatoi potessero parlare si riempirebbero centinaia pagine di episodi e leggende come queste, che contribuiscono ad avvolgere nel mito questo grande personaggio, capace anche di fare credere che in Svezia si allenasse tutti i giorni con i suoi cani (anche alla vigilia delle partite di campionato) per affinare la tecnica del dribbling. “Un esercizio utilissimo – diceva – perché loro si muovono esattamente come se fossero dei difensori”. E a chi gli domandava se anche in Italia avesse proseguito con quella pratica, era solito rispondere: “Non è per l’età, è che sono morti i cani”.

Lo storico Carlo M. Cipolla nel suo celebre Allegro ma non troppo, un delizioso divertissement in cui ha tracciato un’ilare parodia della storia economica e sociale del Medioevo, stabilì una chiara distinzione tra humour e ironia. Quando si fa dell’ironia – spiegava – si ride degli altri, mentre con l’umorismo si ride con gli altri e quasi mai si prendono di mira le persone ma piuttosto le cose e i fatti. In questo senso potremmo inquadrare Liedholm come una persona dotata più di humour che di ironia. Lo humour usato nella misura giusta e al momento giusto come solvente per eccellenza per sgonfiare tensioni, risolvere situazioni altrimenti penose, facilitare rapporti e relazioni umane. Le sue battute, infatti, non celano mai ostilità anche quando non può fare a meno di evidenziare, sia pure in maniera lieve ed elegante, i difetti o le innocenti manchevolezze di qualcuno. In tal caso è sufficiente un sorriso bonario e una pacca sulla spalla per far sì che non si creino inutili fraintendimenti col destinatario di quella battuta.