non è mai come pensiamo, nulla prevedibile

Non è mai come pensiamo, nulla è prevedibile, nulla definibile. Non esiste equilibrio e non ci sono mai fermate per l’autobus del cuore. Poi se si viaggia in macchina si rischia di perdere le chiavi e non trovarle più.

La primavera stava per lasciare il posto a un’estate che si annunciava strepitosa. Io ero sola, libera,  senza nessun coinvolgimento sentimentale. prima pagina

Erano appena le ventuno. La giornata si era disintegrata nel tuo pensiero; avevo lavorato anche parecchio, ma non lo ricordavo, le fantasie avevano reso il tempo, la manualità e la routine solo una cornice dell’evento, della scoperta che mi accingevo a fare: il nostro appuntamento.prima pagina

Il bagno o la doccia, un tubino o semplici pantaloni, capelli sciolti o legati, vado o non vado all’appuntamento! Un groviglio di pensieri riempiva la mia povera scatola grigia, non riuscivo nemmeno a truccarmi e mi sudavano le mani.

Ero  pronta: abito nero lungo con piccoli e astratti fiorellini carta da zucchero, giacchina nera in maglia semplice, scarpe basse, trucco leggero, esco di casa!prima pagina

Lui era bellissimo, non credevo ai miei occhi.

Nonostante il cielo fosse nuvoloso, la Luna riusciva a fare capolino, complice della luce meravigliosa del verde intenso dei suoi sguardi: erano la sua forza, lo specchio della sua essenza. Non mi ero sbagliata, non avevo a che fare con nulla di banale o superficiale, era uno splendido essere tutto da guardare e da scoprire.

Volevo che il tempo volasse, ma al contempo andasse piano!prima pagina

All’interno della sua macchina era tutto amplificato. Eravamo in movimento, ma era come se ci fosse completa inerzia. La sua voce attraversava il mio corpo. Io non facevo che tremare e i miei sussulti scrivevano le note su un pentagramma. Le sue parole mi colpirono come una raffica di vento:

“Miriam non sono libero. Anzi di più. Ho una storia che racchiude cinque anni di convivenza.  Scusa, ma non potevo non informarti”.

No! No! No! Come sono stata ingenua! Non mi smentisco mai, sono sempre la solita credulona. Come accidenti mi è saltato in mente? Non dovevo accettare il suo invito. Adesso cosa penserà di me? Io non sono fatta per una fredda avventura! Forse è quello che vuole lui? Si sbaglia di grosso. Ma chi crede di essere? furbo il maschietto!

“Miriam lo so a cosa pensi. Non è come  credi, mi hai colpito veramente. Di solito non faccio queste cose. È stato più forte di me. Sono curioso di sapere chi sei, voglio parlare con te, anche se con te, straordinariamente, sto bene anche in silenzio”.

Il tempo si disintegrò. Non prendemmo mai quel caffè e non ci fermammo mai con quella macchina. Solo parole e silenzi. Solo certezze e incertezze. Solo emozioni.

Lui andò via. Ripartì per Milano dicendomi che forse non ci saremo più incontrati. Probabilmente ( se anche fosse tornato)  non l’avrei ricordato. Mi guardò negli occhi e mi strinse la mano.  Andai via nel modo più veloce possibile.

Altro frammento di vita nella biblioteca del mio cuore.

Lezione numero “ ho perso il conto” . Perchè forse un indice numerico non serve affatto. Classificare gli eventi della propria vita è come tracciare una curva per arrivare a chiudere una circonferenza di un diametro infinito,

la vita è un attimo e l’uomo deve viverla?”.

E’ stato meglio così – ripetevo a me stessa di continuo.

Quale futuro avrebbe potuto avere la nostra pseudo amicizia?

Certamente avrei infierito in una storia lunga cinque anni. Un matrimonio non certificato, ma effettivo. Nel buio della mia stanza aspettavo i sogni che mi avrebbero illuso fino a una nuova alba, ma dentro di me il vulcano era quiescente, perché ero certa che le nostre strade si sarebbero incrociate di nuovo, anche al più presto e non per poco.

Un’altra estate avanzava, il lavoro si triplicava e lo studio mi perseguitava. Non ero la stessa. Ci pensavo ancora. Lo avrei baciato? Si lo avrei fatto. Perché non l’ho fatto?

Lui era oramai lontano. Il mese di agosto era quasi alla fine e quella notte, con un po’ di fortuna, guardando il cielo, avrei incrociato anche qualche Perseide. Era la notte di San Lorenzo, la notte più magica dell’anno, quella dei desideri espressi con gli occhi al cielo.  Mi apprestavo a chiudere il locale dove lavoravo, avevo già fatto cassa, non restava che riportare i tavoli all’interno, abbassare le serrande e poi la solita sosta al pub con gli amici. Non c’erano ancora né cellulari nè tantomeno smartphone (almeno per noi comuni mortali). A quel tempo studiavo all’università e il lavoro stagionale e pomeridiano faceva molto comodo, anche se mi spezzavo la schiena a mandare avanti l’intera attività da sola. Spente le luci del locale, col mazzo di chiavi mi affrettai a uscire e, guardando in basso dalla vetrina, lo vidi avvicinarsi. In un primo momento scorsi le sue scarpe e poi il suono della sua voce “Signorina mi darebbe un camion di 500 lire? (Nel pub c’era un jukebox che andava monetine…) Era tornato! Abbronzato, stessi occhi verdi e fisico atletico,  era proprio davanti ai miei occhi: Manuel R., 28 anni, di Milano, alto,  capelli neri, impiegato della pubblica amministrazione, con la passione per le arti marziali e la cucina biologica. In un attimo ci siamo ritrovati in macchina diretti al mare con il sottofondo della chitarra dei “Santana”, cornice perfetta dell’estate di fine millennio.

Così ebbe inizio la storia d’amore più importante della mia vita, quella notte il primo bacio sotto le stelle, con il profumo del mare misto a quello dei cornetti appena sfornati del bar sulla spiaggia di Alba Adriatica.

Ero una studentessa di 25 anni,  barista stagionale  di un piccolo comune del teramano, capelli ramati, lentiggini, occhi castani, passione per i gatti e la natura, ed ero ufficialmente nei guai. Totalmente rapita dal giovanotto di città.

Manuel era tornato single e si apprestava a trascorrere tre intense settimane di ferie presso i genitori che abitavano a pochissimi chilometri di distanza.

Colazione, aperitivo, caffè, ammazza caffè, gelato e poi l’alba e così via tutti i giorni, per settimane.

Il cd dei Santana, “Supernatural”, girava ininterrottamente e la luce blu dello stereo aiutava la Luna ad alluminare la nostra passione. Tutto l’universo racchiuso in queste due anime e basta.

Ero stravolta, non ero pronta a tutto questo. In ogni caso, nonostante l’impegno del lavoro, riuscivo in modo brillante a tener testa alla situazione, tanto da stupire persino me stessa. Non avevo detto nulla  alla mia famiglia e tantomeno agli amici. L’unico a sapere della storia era il mio datore di lavoro, Carlo, che storceva un po’ il muso, ma solamente perché mi riteneva una brava ragazza e non voleva che soffrissi alla fine del tour estivo del neo single Manuel .

Carlo, 59 anni, capello brizzolato, media statura, corporatura normale, dalla straordinaria somiglianza con Ugo Tognazzi, era un imprenditore che si era fatto da solo e aveva molteplici attività di cui  si curava  avvalendosi di personale fidato che lavorava con lui da anni. Io ero tra queste. Ragazza anticonformista all’occorrenza, lo aiutavo  nella gestione del Bar-Pub “L’incontro”. Era un punto di ritrovo per tutti, aperto dalla mattina presto fino a tarda sera,  a dire dei clienti Io ero il “sole”. Avevo un sorriso per tutti e Manuel lo sapeva bene, ne era rimasto folgorato.

Manuel non era pronto per una storia nuova, tantomeno a distanza. Non era pronto per me, ragazza acqua e sapone. Nonostante tutto non ne poteva fare a meno, così continuò a vivermi. Oramai le tre settimane volgevano al termine e me ne stavo rendendo conto, così presi un giorno intero libero dal lavoro per trascorrerlo con lui. La mattina partimmo molto presto per andare al mare, la giornata era stupenda. Scegliemmo un lido sulla costiera Adriatica poco affollato, dove si poteva anche mangiare e così tra sorrisi, abbracci, baci e fusione di sguardi il tempo sembrò volare.

Avevano molte cose in comune, ma altrettante agli antipodi.

Lui aveva la pelle scura, olivastra, mentre la mia era chiara, delicata  e  infatti  la sera ero color aragosta. Sulla via del ritorno ci fermammo a guardare il tramonto sopra a una collina, sotto una quercia, nei pressi di un vigneto. Da quelle parti ce n’ erano molti e vi si produceva buon vino.

Lui era la perfezione. Sorrideva  calmo, affettuoso, empatico, affascinante. Quasi un essere irreale. Io non mi ponevo domande, mi limitavo a godere dell’attimo che mi era concesso. Stranamente ero consapevole che sarebbe tutto finito tra qualche giorno, quando il bel milanese sarebbe ritornato al nord.

Il sole oramai era tramontato da ore e noi eravamo stretti stretti a guardare le stelle nella notte. Forse, l’ultima insieme.

Tornai a casa che  era quasi l’alba. Mia madre mi aveva aspettata solo per guardarmi con aria contrariata e poi eclissarsi. Caddi in un sonno profondo, quasi liberatorio e mi svegliai solamente per andare al lavoro.

Quel giorno Manuel non si fece sentire in nessun modo. Venni a sapere da un cliente del pub che l’indomani sarebbe partito. Mi girai di spalle per evitare che l’unica lacrima che stava solcando il mio viso in quel momento cadesse sul bancone appena lucidato. Carlo passò quella sera per fare la chiusura insieme a me. Mi disse “Ehi! Hai la fila. Mi toccherà acquistare l’elimina code. Ti sei fatta più bella! Meglio, così non rischiamo che diventi milanese!”. Se avesse sentito il mio cuore in quel momento! Quanto mi mancava Manuel! Un solo giorno senza di lui ed ero persa.

L’indomani stessa cosa. Non si muoveva nulla fino a tarda sera. Era quasi mezza notte e non riuscivo ancora a chiudere il pub.  Ero triste e arrabbiata e continuavo a ripetermi “altri dieci minuti e poi andrò via”.

All’improvviso  la frenata brusca di una macchina.

“Miriam sto andando via, torno a Milano, stammi bene”.  Ero stordita. Non riuscivo a parlare. Mi avvicinai per abbracciarlo e lui si tirò indietro:  “Meglio di no. Scusami, potresti lasciarmi il tuo profumo addosso”.

Rimasi senza parole. Senza fiato ma con una immensa rabbia dentro. Manuel non era single, aveva solamente “staccato” un po’! Che ingenua! Che stupida! Quanto soffrivo!

Andò via così, come si era materializzato. All’improvviso e nel peggiore dei modi.

Sulla porta  mi augurò buona fortuna e io riposi:  “Non dirmi addio. Non amo nemmeno arrivederci. Dimmi solamente buona vita”.

Quella notte piovve a dirotto e non solamente sul piccolo paesello, ma nella mia anima.

Passarono settimane, ma non ebbi né alcuna chiamata né visite a sorpresa, Manuel era sparito nel nulla come era arrivato.

In cuor mio sognavo di rivederlo. Rimanevo aggrappata al quel bigotto romanticismo che mi aveva plasmata negli anni e che mi aveva agevolata nell’ entrare e uscire da molte situazioni di vita. Adesso però mi rendevo conto che non sempre si possono avere le “chiavi” per entrare e  rimanere dove si desidera stare.

 

di Lisa Di Giovanni

Si precisa che ogni riferimento a personaggi e fatti è puramente casuale e frutto di fantasia da parte dell’autrice