Sandra Masci, musicista e musicoterapeuta di Teramo, racconta la sua esperienza a contatto con bimbi e adulti affetti da autismo, sindrome di down, gravi cerebrolesioni, disagio mentale. Sullo sfondo il misterioso mondo dei suoni che sorregge le vite di tutti gli uomini e costituisce una parte del bagaglio che ciascuno porta con sé. Sandra, partiamo dal generale: di cosa si occupa la musicoterapia? “La musicoterapia si colloca nella dimensione non-verbale. Il punto di partenza è il rapporto uomo-suono che affonda le sue radici già nel periodo prenatale. Il battito cardiaco della madre, il suo respiro… il feto ascolta queste sonorità e cresce con loro”. Come si arriva a far diventare
i suoni “terapia”? “La musica è una forma di comunicazione. Nella musico-terapia tutto ciò che è sonoro può essere usato per comunicare: ad esempio battere i piedi, le mani, respirare, emettere sonorità vocali etc. In uno spazio fisico che offre una serie di strumenti musicali, convenzionali e non, l’utenza può sperimentare una vasta gamma di sonorità, forme, sensazioni tattili, esplorandole liberamente. Poi, in base ai comportamenti osservati e alla sensibilità del soggetto, si cerca una sintonia e una comunicazione, spesso empatica”. Mi sembra di capire che sia un’esperienza empirica più che teorica… “Esatto, e non è certo un’addizione tra l’essere musicista e l’inventarsi una terapia. Occorre una preparazione specifica che coniughi sapientemente competenze musicali, medico-psicologiche ed esperienza sul campo”. Immagino, anche perché si tratta di assistere pazienti con gravi disagi psicofisici. “Proprio così. È una disciplina che in Italia non è ancora riconosciuta, sebbene in molte Asl sia richiesta la figura del musico-terapeuta. In teoria chiunque, con corsi lampo, può arrogarsi il diritto di fare musicoterapia. È un problema grave”. Una curiosità: è possibile un rapporto tra non-udenti dalla nascita e musica? “Naturalmente! Un non-udente percepisce le vibrazioni per via cutanea e ossea: può acquisire l’abilità di suonare strumenti percussivi, migliorando le sue capacità di ascolto. Alcuni di loro si sono poi inseriti con successo in attività musicali di gruppo”. Psichiatri e musicoterapeuti: c’è collaborazione? “In alcuni Centri di Salute Mentale le Artiterapie sono considerate strumenti primari della riabilitazione. In altri vengono invece prese per semplici forme di animazione. Credo sia importante, però, che si cominci a capire cosa sia la musicoterapia, a cosa serve, (non ad imparare a suonare uno strumento, per esempio) e a chi può essere consigliata”. Di Vincenzo Lisciani Petrini