Gianluca Salustri è un capistrellano doc, il suo cognome è tra i più diffusi del paesello marsicano che la storia indica come luogo di nascita di generazioni di minatori. Un lavoro faticoso e terribile che ha segnato la vita di molte famiglie. Nel suo PANE E POLVERE, Gianluca racconta alcune di queste storie, in un percorso storiografico ricco di emozioni e dove ogni storia è anche la storia di una famiglia: vedove giovanissime, orfani che non hanno mai conosciuto i loro padri. Genitori che hanno perso figli appena o poco più che ventenni in periodo storico, il dopoguerra, che in quella parte del territorio abruzzese aveva già pagato un altissimo tributo in vite umane.
Pane e polvere. In queste due parole è racchiusa la vita dei minatori capistrellani, specialisti in questo durissimo mestiere, che li ha portati a lavorare in condizioni estreme in tanti luoghi italiani ed europei, ovunque ci fosse un tunnel da scavare, una montagna da attraversare, una strada da aprire. Un mestiere che ha radici ancestrali che si perdono nella notte dei tempi, da quell’impresa che l’imperatore Claudio volle tentare per prosciugare il lago del Fucino. Un tentativo fallito ma ripreso e portato a termine, con successo, molti secoli dopo, dal principe Torlonia. Da quei cunicoli scavati per far defluire l’acqua da un lago senza emissario, causa di drammatiche inondazioni, alla realizzazione dei tunnel del Monte Bianco, del Gran San Bernardo, del Gran Sasso, senza dimenticare Marcinelle, la presenza dei minatori capistrellani è stata sempre indice di riconosciuta indiscussa maestria e di grandi sacrifici. Il libro di Gianluca è un piccolo scrigno di testimonianze di un Abruzzo che ha letteralmente “costruito” il nostro Paese e di cui è obbligo morale onorare la memoria.
Mira Carpineta