E’ di questi giorni l’ennesimo caso di sentenze controverse e assurde che ribaltano in modo paradossale le condizioni di accusati e accusatori.
Il nostro ordinamento prevede nel processo tre gradi di giudizio e una “legge uguale per tutti” per tutelare l’imputato, le parti offese e soprattutto per arrivare a sentenze “giuste”. Troppo spesso, però, si parla di “mala giustizia” e, complice l’attenzione mediatica che si concentra sullo sviluppo di tutte le fasi processuali, di “sentenze ribaltate” che generano un forte impatto sull’opinione pubblica. I vari casi eclatanti di cronaca (caso Cucchi, Commissione grandi rischi all’Aquila, omicidio Meredith ecc.) che hanno visto colpevoli poi assolti o viceversa hanno prodotto giudizi critici e cinici sull’operato della magistratura in Italia .
Falle di un sistema, a detta di molti, corrotto o giudizio senza fondamento condizionato da mille impulsi esterni alle aule di tribunale? L’avvocato e dottorando di ricerca in filosofia del diritto nella branca della filosofia del processo penale, Jacopo Angelini, ci aiuta a comprendere il mondo complesso del processo.
Avvocato, nel 40% dei casi le sentenze di primo grado vengono “ribaltate” in appello. Da giurista che spiegazione può offrirci?
Innanzitutto una precisazione è di dovere. Negli anni 2000 la percentuale delle sentenze “ribaltate” è del 40%, ma forse ci sfugge che negli anni Novanta essa era addirittura del 60% . Lo sviluppo delle tecnologie e “l’assillo” dei media all’argomento fa sì che ci sia maggiore attenzione e quindi malcontento a riguardo, ma non ci troviamo di fronte a un fenomeno nuovo o in crescita. Casomai è l’interesse generale che aumenta sempre più. In ogni caso come operatore del diritto parlerei di sentenze appellate più che ribaltate. Tanto meglio la sentenza viene redatta secondo i principi giuridici ineccepibili in primo grado, tantomeno la parte è incoraggiata a impugnarla. E’ ovvio che se essa contiene elementi insufficienti o ne sopraggiungono dei nuovi allora sicuramente verrà impugnata in secondo grado e in questa sede si prenderanno in considerazione tutti gli elementi, precedenti e sopraggiunti se ve ne sono.
Se gli elementi di prova sono gli stessi, com’è possibile una valutazione differente?
Se essi sono gli stessi, cambia l’importanza che se ne dà e ci potrà essere una valutazione differente, magari più matura. Se, invece, sopraggiungono degli elementi nuovi, questi danno un’ulteriore lettura e vanno a integrare l’intero impianto sul quale si basa il processo.
E’vero che nei processi indiziari dove non c’è una verità granitica ciò può avvenire con maggiore frequenza?
La verità processuale, ci tengo a precisare, può scaturire solo dagli atti processuali e non dalle notizie dei media. Il processo è carico di aspettative da parte dell’opinione pubblica, ma la sua funzione non è fare notizia, ma verificare oltre ogni ragionevole dubbio se l’imputato ha posto in essere la condotta incriminata. Bisogna sempre operare una verifica degli atti processuali e della motivazione della sentenza per stabilire se essa è giusta o ingiusta. La è amministrata in nome del popolo italiano e non nel nome della piazza.
Questi cambiamenti nel giudizio e quindi nelle sentenze mettono in dubbio la cosiddetta certezza del diritto o la rafforzano? E la pressione mediatica incide?
C’è certezza del diritto quando si arriva a una verità processuale. Essa c’è sicuramente nei settori giuridici dove non c’è propensione al dubbio, ma diventa un obiettivo cui tendere(ma di difficile raggiungimento) dove c’è controversia. Il nostro è un ordinamento di civil law e il giudice, in sede di interpretazione, è legato a ciò che il legislatore ha stabilito. Mentre se parliamo di certezza della pena, cioè dell’effettiva applicazione della sanzione comminata dopo essere giunti a una verità processuale, la situazione cambia perché essa si sta perdendo. Cesare Beccaria, nell’opera Dei delitti e delle pene, evidenziava che “I mali, anche minimi, quando sono certi, spaventano sempre gli animi umani”. La pressione mediatica ogni giorno, attraverso l’informazione/disinformazione evidenzia questa situazione esistente e reale. La pena non deve essere severa né esemplare, ma certa. Stabilito che si sta perdendo questa certezza, mi pongo un interrogativo:questo è un fatto di oggi, o anche di ieri, quando non c’era quest’occhio mediatico attento e vigile?
L’ex magistrato, ora scrittore, Caringella afferma che “il secondo grado non è altro che una replica del primo che, allungando i tempi e ribaltando sentenze, crea sconcerto nei cittadini”. Tre gradi di giudizio sono sinonimo di eccessivo garantismo?
I tre gradi di giudizio (due sono di merito e uno di legittimità dinanzi alla Corte di Cassazione) non sono eccesso di garantismo, ma è garantismo necessario e assoluto. Bisogna porre l’attenzione, invece, sull’eccessivo uso delle impugnazioni, ma i tre gradi sono necessari.
di A.D.F.