C’è una domanda(e forse più di una) che molti di noi si pongono ogni volta che una sentenza, dopo anni e anni di parole e processi, fuori e dentro i tribunali, dichiara, assolvendoli, che gli indagati non hanno commesso alcun reato.
La domanda è:
perché? Perché non lo sono? I motivi per i quali erano stati indagati li conosciamo, sono stati versati fiumi di inchiostro per descrivere le ipotesi di reato, i collegamenti, le presunte concussioni e corruzioni.
Ma i perché della mancanza totale di riscontri dove sono? Perché tutte le persone che negli anni (tanti) hanno lavorato alla ricerche di prove, oggi non sentono il bisogno di informare la gente, con altrettanta enfasi, che “forse” si erano sbagliati, che non hanno trovato nulla a sostegno delle loro tesi? Perché non sentono il bisogno di spiegare perché hanno speso anni e soldi pubblici per cercare qualcosa che non c’era?
L’inchiesta sui rifiuti in Abruzzo, la cosiddetta “rifiutopoli” si è conclusa. Tutti assolti. Nessun colpevole perché non c’è nessun reato.
È il 2010 quando l’allora assessore regionale alla sanità, Lanfranco Venturoni e l’imprenditore Rodolfo Di Zio vengono arrestati per corruzione, peculato e abuso d’ufficio. Accuse pesantissime sulle quali lavorano, per oltre 2 anni, decine di uomini, ascoltando e sbobinando registrazioni telefoniche tra i due (circa 50.000!) e il senatore Fabrizio Di Stefano.
Un lavoro immane, che secondo l’ex Procuratore pescarese (oggi vice sindaco dell’Aquila) Nicola Trifuoggi, avrebbe dovuto dimostrare “l’inciucio” tra i tre per la realizzazione di un impianto di bioessicazione a Teramo.
All’epoca Venturoni era presidente della TeAm e avrebbe “favorito” la realizzazione del progetto dell’azienda di Di Zio. Quest’ultimo avrebbe “finanziato” alcuni politici, come Di Stefano (PDL), per abbreviare “i tempi”. Dopo 5 anni si scopre invece che l’on. Di Stefano non ha “mai in alcun modo compiuto atti che violino le leggi”- come dichiarava lui stesso al momento del ricevimento dell’avviso di garanzia, rispondendo “punto per punto a ogni eventuale addebito”.
Di Zio ha dimostrato di essere un “apolitico, in buoni rapporti con tutti”e che i fondi elargiti come contributi elettorali erano stati “regolarmente registrati”.
Dell’ex assessore Lanfranco Venturoni, assolto come gli altri, risuona ancora l’accorato discorso tenuto al suo rientro sulla scena politica in cui dichiarava come fosse tragicamente ingiusto “ trasformare ogni rapporto tra la politica e l’imprenditoria in una sorgente di malaffare e di affarismo illecito o truffaldino, fraintendendo l’attività di chi, rivestito di una delega popolare, cerca di favorire lo sviluppo di quella imprenditoria”.
E noi? Noi che aspettiamo risposte, che ci fidiamo della Legge e di chi la applica, che vorremmo proprio conoscere, ogni tanto, i responsabili di qualcosa, noi che paghiamo insomma, e non solo in denaro, i costi di queste situazioni.
Noi che ascoltiamo le accuse, i teoremi, le ipotesi. Noi che leggiamo pagine e pagine di requisitorie e arringhe. Noi che alla fine scopriamo che “i fatti non sussistono”. Noi, ci possiamo “incazzare” un po’ per questo ennesimo spreco di tempi e risorse?