QUANDO IL FATTO (o la giustizia?) NON SUSSISTE Otterranno, i parenti delle 309 vittime del sisma 2009
una parziale giustizia per quelle morti che hanno “scaragnato” (graffiato ndr) le loro vite e le loro case?
Come può bastare la sbrigativa “scusa” che gli imputati sono scienziati e quindi non responsabili?
“Il fatto non sussiste”. Ah no? E come dobbiamo chiamare una città ridotta in macerie, privata di 309 suoi abitanti?
Fatalità, fattaccio, destino avverso?
Sono questi gli interrogativi che tutti gli abruzzesi, aquilani in primis, si stanno ponendo a pochi giorni dalla sentenza che vede assolti Giulio Selvaggi, Franco Barberi, Enzo Boschi, Mauro Dolce, Claudio Eva e Gian Michele Calvi.
Una sola condanna: per De Bernardinis condannato a due anni, in relazione alla morte di 13 persone.
Per cercare di capire qual è ora lo stato dei fatti, e quali saranno le conseguenze della sentenza, ne abbiamo parlato con l’avvocato Wania Della Vigna, nata ad Arsita (TE) dove svolge la professione forense.
Avvocato, ma dunque L’Aquila deve rassegnarsi all’ineluttabilità della sentenza?
“Come avvocato rispetto le Sentenze, rispetto l’Autorità Giudiziaria che l’ha emessa. Però, questo, non mi esime dal diritto di criticare la sentenza e di esprimere tutto il mio disappunto, la mia non condivisione e la mia contestazione.
Pertanto, nessuna rassegnazione e con piena fi ducia nel nostro sistema giudiziario, appena avrò letto le motivazioni, porrò le censure alla valutazione della Suprema Corte di Cassazione. Come “ figlia di questa terra”, invece, ritengo che questa Sentenza abbia spento ogni fonte di luce su una città e su un territorio già devastato
e martoriato il 6 aprile 2009; una città che si sente ancora una volta abbandonata dallo Stato. Io credo che L’Aquila saprà reagire nel modo giusto, in modo paci fi co, facendo sentire la sua voce, per reclamare i propri diritti e per far valere la Giustizia.
Possibile che 309 vittime non hanno fatto ravvisare alcun reato di Grandi Rischi nel rassicurare gli aquilani contro ogni logica? Dagli elementi di prova raccolti in sede di indagini e dalla ampia, approfondita, esaustiva e puntuale attività istruttoria, condotta con rigore e determinazione dal Giudice del Tribunale di L’Aquila, è stata pienamente provata la penale responsabilità degli imputati in ordine ai reati loro ascritti.
La ricostruzione dei fatti, l’immenso materiale probatorio raccolto, il rigoroso approfondimento del nesso di causalità sono stati tutti oggetto della profonda ed esaustiva sentenza del Tribunale di L’Aquila, nelle circa mille pagine di motivazioni. Il Tribunale di L’Aquila, nella persona del Giudice monocratico Dott. Marco Billi, con rigorosa attenzione, grande equilibrio, autorevolezza e determinazione, ha approfondito tutti gli atti di indagini, ha ascoltato i numerosi testimoni che, a vario titolo, sono stati escussi nel corso della lunga istruttoria dibattimentale, ha ascoltato i periti che hanno redatto i numerosi elaborati versati in atti. Anche l’uffi cio della Procura nel giudizio di primo grado, rappresentato dal compianto Dott. Rossini e dal dott. Fabio Picuti, ha fatto un lavoro enorme, condotto sempre con grande scrupolo, rigore, profondità, mai con preconcetti, mai con riserve mentali, ma garantendo l’effettiva ricerca della verità, nella sua piena funzione di “parte processuale” e ci ha consegnato il ruolo autorevole della funzione dell’uffi cio del Pubblico Ministero. La sentenza del Tribunale di L’Aquila, facendo forza sull’enorme materiale probatorio e su quanto acquisito nel corso della lunga attività istruttoria ci aveva consegnato una verità: la morte di tante persone, il ferimento di tante altre non sono la conseguenza della forza naturale del sisma, o perlomeno solo di essa, ma sono la conseguenza della condotta umana, negligente imperita e sprezzante delle leggi.
La sentenza del Tribunale di L’Aquila pronunciava la condanna degli imputati per i reati di cui agli artt. 81, 113, 589 e 590 c.p.. Secondo la Sentenza di primo grado, gli imputati – in qualità di componenti della Commissione Nazionale per la previsione e la prevenzione dei Grandi Rischi, riunitasi a L’Aquila il 31 marzo 2009 con l’obiettivo di fornire ai cittadini abruzzesi tutte le informazioni disponibili alla comunità scienti fi ca sull’attività sismica in atto nel territorio aquilano dal giugno 2008- hanno cagionato la morte di 29 persone e il ferimento di altre 4, avendole indotte a rimanere in casa per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché in violazione degli artt.2, 3, 9 l. 24 febbraio 1992, n. 225, degli artt. 5 e 7-bis l. 9 novembre 2001, n. 401, dell’art. 4 l. 26 gennaio 2006, n. 21, dell’art. 3 d.P.C.M. 3 aprile 2006, n. 23582 e della normativa generale della l. 7 giugno 2000, n. 150 in materia di disciplina delle attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni. Inoltre, sempre in occasione di detta riunione gli imputati hanno effettuato una valutazione dei rischi approssimativa, generica e ineffi cace, se confrontata con quanto disposto dal legislatore in materia di previsione e prevenzione e fornendo – sia attraverso le dichiarazioni agli organi di informazione che con la redazione di un verbale – al Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, all’Assessore Regionale alla Protezione Civile Daniela Stati, al Sindaco dell’Aquila e alla cittadinanza tutta “informazioni incomplete, imprecise e contraddittorie” sulla natura, le cause, la pericolosità e i futuri sviluppi dell’attività sismica in esame. La conseguenza di tale comportamento da parte dei Componenti della commissione Grandi Rischi è stata quella di aver vani fi cato le fi nalità di tutela dei beni della vita, degli insediamenti e dell’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastro fiod altri grandi eventi. Il Tribunale di L’Aquila aveva giustamente ritenuto che gli imputati avessero colposamente violato le norme cautelari nonché gli obblighi speci fi ci previsti nelle leggi istitutive della Protezione Civile e della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi.
La Sentenza di Appello, invece, smentisce tutto e afferma che “il fatto non sussiste”. Leggeremo le motivazioni.
La lettura delle motivazioni della sentenza, riuscirà a squarciare qualche velo che dia un senso di giustizia a questa vicenda? Come ho già detto, io dissento fortemente nei confronti di questa sentenza di appello.
Le motivazioni, qualunque esse siano, non potranno essere convincenti, né dare una parvenza di giustizia a questa vicenda.
Ripeto, la Sentenza merita rispetto, ma a mio modesto parere, non rende giustizia a tutti coloro che hanno perso la vita, ai loro familiari, ai sopravvissuti alla tragedia, a tutti gli aquilani.
Quale sarà, se ci sarà, la prossima mossa per cercare almeno di far emergere, e punire, le responsabilità di questo disastro incancellabile? Il nostro ordinamento prevede, come ultimo mezzo di impugnazione il ricorso per Cassazione.
Questo sarà il nostro ultimo percorso giudiziario per tentare di ristabilire la Verità.
PrimaPagina, edizione novembre 2014 – di Mafalda Bruno