ll consumismo ci ha privati della gioia del dono, riducendolo a semplice rito; la globalizzazione ha omologato tradizionie usi, facendo perdere l’identità e l’appartenenza; la crisi potrebbe aiutare e recuperare quanto smarrito, in nome di un più diffuso sentimento di solidarietà e di carità. Che cosa,
però, si è perso? Sicuramente la spontaneità e l’immediatezza dell’atto di rinuncia che il dono comporta e, infine, soprattutto il significato del simbolo. La natura, in questo periodo, è ricca di simboli e di signifi cati che si associano al dono. In molte regioni mediterranee si usa accompagnare il dono con un ramoscello di frutti di corbezzolo, a signifi care la stima del donatore verso la persona cara (caritas è l’astratto di carus = amato) ed è pure consuetudine adornare il presepe con i rami della medesima pianta (sottomissione alla regalità – regalo-del neonato). Il presepe stesso è simbolo del dono, per non parlare dei tre Re Magi. A tal proposito nel medioevo circolava una bellissima leggenda che simbolicamente intendeva richiamare le origini della stirpe ebraica di Gesù. Si sa che uno dei tre Re Magi, probabilmente Melchiorre, portò come dono a Gesù bambino l’oro sotto forma di pomo a signifi care il mondo. Da dove proveniva quell’oro? La leggenda vuole che quando Abramo partì dalla città di Ur della Caldea, per stabilirsi nella terra promessa, dove scorre latte e miele, ad un certo punto, vecchio e tanco, decise di fermarsi. Allora dette un gruzzoletto d’oro ai propri figli, dicendo loro di comprare quel pezzo di terra dove si trovava e dove avrebbe costruito a sua tomba (ancora oggi gli Arabi, in questa terra, onorano il pozzo di Abramo). I fi gli ubbidirono e comprarono il campo, anche se il vecchio padre poi proseguì il viaggio. Quell’oro, con cui fu pagato il campo, andò a far parte del tesoro che la regina di Saba portò in dono al tempio di Gerusalemme, quando sposò re Salomone. Nel VI secolo a. C., Nabucodonosor conquistò Gerusalemme, distrusse il tempio e s’impossessò del tesoro che fu portato in oriente, da dove Melchiorre appunto avrebbe prelevato l’oro di Abramo e portato in dono a Gesù. Durante la fuga in Egitto di Giuseppe e di Maria con il bambino Gesù, una notte, mentre i tre dormivano sotto un albero, un pastorello, furtivamente, si avvicinò e rubò il fagottino con l’oro donato da Melchiorre e lo nascose nella grotta dove custodiva le sue capre.