La crisi che vive il nostro paese si manifesta sempre di più come un intreccio inestricabile
tra degrado sociale, politico e morale.
Risulta oggi sempre più odiosa e grave la contraddizione tra l’aggravarsi delle condizioni di vita di milioni di lavoratori e la degenerazione morale delle nostre classi dirigenti che, nell’accrescere i loro profitti, si sono rivelate maestri del malaffare, sottraendo importanti risorse allo sviluppo economico del nostro paese. In questi anni la distanza tra cittadini e istituzioni è aumentata a dismisura, anche perché, io credo, il lavoro è uscito definitivamente dalla sfera Costituzionale e, come dimostrano le ultime vertenze industriali, è rientrato prepotentemente sotto il controllo e l’egemonia del padronato. Ciò è accaduto, lo dico con molta amarezza,
perché il renzismo (non molto diverso dal berlusconismo) che sta governando con autoritarismo il paese insieme alle destre, ha cancellato de fi nitivamente l’orizzonte dei valori fondativi della sinistra. Per capire la gravità di ciò che sta avvenendo, basta ascoltare ciò che dicono il premier stesso e i ministri del suo governo. Si capisce, dal loro linguaggio, che siamo in presenza di una profonda restaurazione che si accompagna anche a quella mutazione antropologica nella sfera sociale denunciata da Pasolini agli inizi degli anni settanta dello scorso secolo. Proprio per questo trovo terribilmente insopportabile il fatto che insieme al lavoro siano stati annullati anche i diritti conquistati dal movimento operaio italiano nel dopoguerra. Ed io che vivo nel Mezzogiorno, in una situazione sempre più drammatica sul piano produttivo e occupazionale, aggiungo solo che il Sud non è mai entrato nell’agenda politica di
questo governo. I recenti dati dello Svimez sono lì a dimostrarlo.
Le proteste che hanno coinvolto lavoratori del nord e del sud, studenti, disoccupati, pensionati in difesa della
carta costituzionale, della legalità e della democrazia, sono un buon segnale. E l’attacco delle forze dell’ordine, ai tanti lavoratori in lotta in questi giorni, ci parla ancora di una democrazia negata, di un paese che arretra sul terreno della civiltà del diritto, di un potere violento che vuol riportare indietro di decine di anni la classe operaia italiana. Ma non ci riusciranno. E’ possibile recuperare un rapporto tra il nostro mondo e chi dovrebbe appresentarlo, anche se negli ultimi anni si è notevolmente deteriorato e indebolito; è ancora possibile cambiare
perché ci sono forze che vogliono battersi per un paese diverso dal punto di vista democratico e civile. Il movimento operaio, he sta pagando il prezzo più violento della crisi, non è disposto a cedere sui principi fondanti della nostra democrazia nè ad accettare l’odioso scambio dirittioccupazione.
Questo perché sa che, gli attacchi alla Costituzione, corrispondono alla cancellazione dei diritti nei luoghi di
lavoro, l’aumento della precarietà, il peggioramento delle condizioni materiali dei singoli lavoratori, lo snaturamento
del sindacato, sia quello subalterno alle logiche padronali, che quello alternativo alle logiche conservatrici dell’Europa, del governo e del padronato italiano.
Con la messa in discussione dello spirito di tutta la legislazione del lavoro, a partire dalle violente contro riforme ( Pacchetto Treu, Legge Biagi, Art.8, Riforma Fornero, Jobs Act), è cresciuta via via una società sempre più autoritaria, reazionaria, che ha frantumato la nostra comunità e mutato il nostro orizzonte culturale, alimentando
pericolosi razzismi di segno diverso, come è accaduto a Bologna e Roma in questi ultimi giorni. Come Fiom, in questi anni, abbiamo sempre lottato per la difesa dei Diritti dovunque essi siano stati violati e negati; siamo scesi in campo per i diritti e la democrazia contro un padrone violento che ha utilizzato i governi (compreso Renzi, il più pericoloso di tutti) per saldare definitivamente i conti col movimento operaio italiano. In questa battaglia di civiltà, alla Fiat abbiamo avuto al nostro fianco solo la sinistra alternativa.
Per questo penso sia possibile ripartire uniti contro le politiche del governo Renzi.
C’è un’ansia di libertà che i conservatorismi dell’Europa non riusciranno mai ad arrestare. Noi abbiamo il compito di
ridare una speranza a milioni di lavoratori umiliati nella loro dignità. Possiamo invertire la tendenza al declino solo se
riusciremo a mobilitare tutte quelle forze che continuano a pagare sulla propria pelle le sciagurate politiche reazionarie del governo di questo paese.
PrimaPagina, edizione novembre 2014 – di Antonio Di Luca