Se non si governa il cambiamento ci si troverà costretti a subirlo”. Questa in sintesi la filosofia con cui il neoeletto Rettore dell’Università di Teramo si appresta a rivoluzionare il mondo accademico teramano. Dopo aver riscosso un consenso plebiscitario, sia da parte del corpo docente che di quello studentesco,
il prof. Luciano D’Amico ha illustrato il progetto, complesso e strutturato che l’Ateneo dovrà attuare nei prossimi anni. La scarsità di risorse economiche, il momento storico- politico, la necessità di individuare una rotta e seguirla impongono scelte radicali. Razionalizzazione, ottimizzazione sono parole che vanno tradotte in azioni: ” l’idea forte è di concentrare le risorse sulla didattica e ricerca, ma quali se sono sempre meno? Allora bisogna liberare quelle ci sono e renderle produttive – spiega D’Amico – a cominciare dalle sedi in cui è frammentata l’università e alcuni servizi. Tutto l’ateneo, dai servizi amministrativi alla didattica vanno concentrati a Colleparco, così da poter metter a reddito le sedi di proprietà e tagliare i costi di quelle non più sostenibili. A cominciare dal Rettorato di Viale Crucioli. Stesso discorso per Atri e Giulianova, dove si può studiare un diverso utilizzo, come corsi di formazione post lauream”. Il progetto è ambizioso e prevede un’ espansione della presenza dell’università nel tessuto sociale economico e culturale dell’intera città. Un polo accademico che potrebbe permeare e coinvolgere anche altri “gioielli di famiglia” teramani, come l’Osservatorio e l’Istituto musicale Braga oltre che il mondo imprenditoriale della città. Con progetti mirati allo sviluppo della ricerca e dell’alta formazione è possibile, secondo il Rettore D’Amico, creare un polo teramano di alta formazione, ricerca e sviluppo che solo la sinergia di tutte le forze può rendere possibile. “Altrimenti si rischia di perdere tutto, un pezzetto alla volta- continua il professore – e questo non si può permetterlo. Per l’Osservatorio è ipotizzabile un coinvolgimento nel campo della ricerca, che andrà studiato, appena passato il momento di iniziale trasformazione che stiamo affrontando. Così pure le imprese, che potranno contribuire, con la loro collaborazione, all’applicazione della didattica. Dalla teoria alla pratica sul campo, dove la ricerca deve impegnarsi a prevedere le nuove esigenze del mondo economico e finanziario e trovare poi spazio per l’attuazione nello stesso territorio”. Insomma il Rettore chiama a raccolta tutti, invita all’unione progettuale e applicativa del progetto universitario teramano, comprese le istituzioni e la pubblica amministrazione, che deve fare la sua parte. L’università al servizio del territorio e per il territorio, per studiarne le potenzialità e i metodi per valorizzarlo. E per il Braga? D’Amico è ottimista, lo è sempre stato: “470 studenti , 118 anni di storia e adesso lo chiudiamo? – aggiunge – In Italia non si chiude nulla, un governo politico dovrà tener conto che ci sono in Italia 20 istituti pareggiati, 800 dipendenti altamente professionalizzati, e decenni, se non secoli, per accumulare un patrimonio culturale delicatissimo. Non è possibile sperperare tutto questo. Occorre resistere, ma la statizzazione si farà. È l’unica via. E in un contesto di più ampio respiro, sarà poi possibile ipotizzare anche un polo teramano della musica”. Il nuovo Rettore quindi ha già un’agenda molto impegnativa e certo il tempo è un fattore anch’esso importante perché una visione così complessa possa trovare compimento: “un detto popolare che mio padre citava sempre dice: ed è vero. Bisogna incominciare ad agire – conclude D’Amico- e gestire il percorsoman mano che lo si compie, non si può stare fermi perché non si riesce a trovare la processione perfetta”.