Ristrutturazione dei debiti, le novità del D.L. 83/2015

L’art 182 bis del R.D. 267/1942 disciplina l’accordo di ristrutturazione debiti che permette al debitore in stato di crisi di

richiedere al Tribunale l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti.

Tale accordo deve congiuntamente soddisfare due requisiti:

–       L’intesa deve essere raggiunta con il 60% dei creditori sociali

–       Deve esistere uno scambio di consensi tra il debitore e i creditori

L’accordo di ristrutturazione dei debiti può avere finalità liquidatorie o conservative, può essere raggiunto con qualsiasi tipologia di creditore, sia esso ipotecari, privilegiati e chirografari, non essendoci l’obbligo come nel concordato preventivo della suddivisione in classe dei creditori né di rispettare la par condicio creditorum. Ciò che rileva è il parere favorevole espresso dal 60% dei creditori. Se esistono creditori estranei all’intesa, agli stessi deve essere garantito l’integrale pagamento. 

L’accordo di ristrutturazione deve essere perfezionato nella forma della scrittura privata autenticata, e potrà essere costituito da un contratto unico o da una pluralità di accordi tra il debitore e i creditori.

Il ricorso dovrà poi essere depositato presso la competente cancelleria del Tribunale, insieme ad una relazione aggiornata sulla posizione patrimoniale economica e finanziaria dell’impresa   , corredato da un business plan, qualora la finalità sia non liquidatoria; uno stato analitico estimativo delle attività asseverate da un perito; l’elenco nominativo dei creditori, degli importi dei crediti e delle eventuali cause di prelazione, utile a permettere al Tribunale un riscontro diretto della percentuale del 60%  , l’elenco dei titolari di diritti reali e personali sui beni di proprietà o in possesso del debitore; il valore dei beni e i creditori particolari dei soci illimitatamente responsabili; un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della procedura. Dovrà essere allegata altresì una relazione sulla veridicità dei dati aziendali e sull’attuabilità dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, evidenziando le modalità con le quali saranno pagati i creditori estranei al piano.

Una delle cause di insuccesso degli accordi di ristrutturazione dei debiti è l’eccessiva durata delle negoziazioni con il ceto bancario, dettate dall’entità degli istituti coinvolti, dalla tipologia di esposizione, dalla differente propensione al rischio, dalla solidità delle garanzie.

Ecco perché il legislatore ha introdotto l’art 182 septies della Legge Fallimentare per stabilire che qualora l’azienda abbia passività bancarie in misura non inferiore alla metà dell’indebitamento complessivo l’art 182 bis della legge fallimentare è integrato da specifiche norme, fermi restando i diritti dei creditori non finanziari.

Esiste infatti la possibilità di catalogare una o più categorie tra i predetti creditori finanziari, per posizione giuridica od interessi economici omogenei; è possibile coinvolgere i creditori non aderenti appartenenti alla medesima categoria. (non si terrà conto delle ipoteche giudiziali iscritte a favore della banca nei 90 giorni precedenti la data di pubblicazione dell’accordo nel registro delle Imprese.

L’eventuale mancato raggiungimento dell’accordo può pregiudicare la continuità, ed avviare la liquidazione che non dovrà essere necessariamente fallimentare.

Se il debitore stipuli una convenzione diretta a disciplinare in via provvisoria una moratoria temporanea, se si raggiunge la percentuale del 75% tale sospensione ha effetto anche per le banche ei soggetti finanziari non aderenti.

Il Tribunale decide sulle opposizioni verificando la sussistenza delle condizioni di cui all’art 182 septies Legge fallimentare.

 

Di Paolantonio Laura – Commercialista – Revisore Contabile – lauradipao@libero.it