L’ARMINUTA di DONATELLA DI PIETRANTONIO vincitrice del Premio Campiello 2017
L’ho letto in un fiato, dopo aver ascoltato in tv una recensione di Michela Murgia.
La scrittura scarna e ruvida, ma non essenziale, perché capace di momenti lirici come nella scena finale, consente ai personaggi del libro di Donatella Di Pietrantonio, L’Arminuta, di presentarsi da soli, attraverso le loro risposte e soprattutto le loro domande.
Il romanzo è corale, tante figure femminili a descrivere un mondo non troppo lontano, in cui sono proprio loro a definire la “forza” o la “fragilità” di femminilità adulte e bambine, paradossalmente a ruoli invertiti. Perché non è solo l’Arminuta (la ritornata) la protagonista della storia. Donne adulte a confronto con donne bambine, dove sono proprio queste ultime le vere “Donne” della storia, capaci di comprendere, nel senso di “contenere”, le varie sfaccettature della condizione femminile, costantemente in bilico tra sentimenti e senso pratico.
Anche le figure maschili sono magistralmente presentate: dalla presenza condizionante, ma non d’aiuto, non risolutive. Gli uomini e i bambini, nel romanzo, emergono per l’assenza di azione o per azioni che appesantiscono i fardelli e il dolore delle protagoniste, invece di alleviarne. Il tema della maternità, rincorsa o drammaticamente subita. E le trame apparentemente contorte delle relazioni familiari che si dissolvono nei sentimenti più semplici e naturali, come quello tra sorelle inconsapevoli, all’inizio, che sfociano nella istintiva complicità.
La scrittura è “ruvida”, dicevo, ma è lo strumento perfetto per la narrazione di questa storia, dove l’assenza di ridondanza, esalta e arricchisce la lettura e conduce il lettore “dentro” la storia, dentro le emozioni, in coinvolgente empatia con i protagonisti e gli eventi. Un Premio Campiello davvero meritato.
di Mira Carpineta