L’art 32 della nostra Costituzione, nel tutelare la salute come diritto dell’individuo, stabilisceche “… nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge …”, con la conseguenza che il consenso del paziente rappresenta il presupposto necessario per l’inizio di qualsiasi programma terapeutico. Il diritto dell’individuo di stabilire se ed in che modo farsi curare deve coniugarsi con il dovere
del medico di intervenire al fine di migliorare le condizioni di salute del malato.Al riguardo, accesi dibattiti sono sorti a fronte di situazioni estremamente delicate come quelle che hanno afflitto Eluana Englaro (ridotta in stato vegetativo a seguito di un incidente stradale)o Piergiorgio Welby (affetto da una irreversibile malattia nervosa degenerativa la quale,
tuttavia, aveva lasciato inalterata la capacità intellettiva). In entrambi i casi,ci si è chiesti se fosse legittimo dar seguito ad una interruzione del trattamento artificiale di cura o sostegno forzato del malato, sulla base delle richieste espressamente pervenute dal paziente medesimo (Welby) ovvero dal tutore dello stesso (il padre di Eluana). Investiti della questione, i giudici hanno avuto modo di affermare come il diritto alla salute o alla vita non debba essere inteso quale valore diverso ed esterno rispetto all’individuo cui si riferiscono quanto,piuttosto, una sua diretta ed intima manifestazione.
Com’è facile osservare, una simile impostazione cozza con la intuibile esigenza etica di assicurare sempre e comunque – un trattamento sanitario adeguato o, quantomeno, un costante intervento di idratazione ed alimentazione che ne assicurino il mantenimento in vita.
In parlamento giacciono diverse proposte di legge aventi ad oggetto l’introduzione del c.d. testamento biologico, ossia della formale dichiarazione di volontà che ciascun individuo, nell’eventualità di un suo stato patologico irreversibile, possa consapevolmente esprimere in ordine al trattamento sanitario cui intenda o meno sottoporsi. Abbandonando posizioni ideologiche, credo ci si possa (anzi, debba) confrontare sull’ammissibilità di tale istituto. Non si tratterebbe di introdurre implicite forme di eutanasìa, quanto piuttosto di uno strumento che consenta di concretizzare finalmente senza più dubbi ed incertezze il principio di libertà di cura già previsto dalla nostra carta costituzionale. Roberto SANTORO (Magistrato)