SAN MASSIMO: LA FORZA E IL CORAGGIO DI UNA COMUNITA’

Tra neve e terremoto l’esperienza di una  comunità alle pendici del Gran Sasso


 
San Massimo è una piccolissima frazione del comune di Isola del Gran Sasso d’Italia. 535 metri sul livello del mare, dice il cartello stradale di benvenuto; però occorre guardare bene: il tempo ha cancellato le cifre in nero, ed emerge giusto l’ombra sbiadita contro il contorno impolverato.
Per me non è luogo qualunque: là sono nati mio padre e i miei nonni; e là vado in vacanza ogni estate, tra parenti che arrivano da diverse città d’Italia. Spesso ci raggiungono anche zii e cugini francesi o americani in ferie. È vero, le radici chiamano; ma preferisco pensare che ci ritroviamo perché vogliamo stare assieme. Del resto, abbiamo scoperto il modo di divertirci. Tredici anni fa coraggiosi pionieri hanno fondato una Pro Loco e ad agosto organizzano la festa paesana: tanto lavoro in cambio di soddisfazioni sempre maggiori.
È dura accettare l’idea che la mia famiglia perderà un’abitudine a tal punto inveterata da averla scoperta solo quando è venuta meno: alcune case di San Massimo sono lesionate dai terremoti del 24 agosto e del 31 ottobre 2016, e la nostra è tra quelle. Al momento è impossibile entrare, e chissà per quanto ancora lo sarà.
La neve dell’ultima settimana è il più recente tra i fenomeni negativi che hanno colpito la zona.
E la neve con le scosse del 18 gennaio sono la goccia che ha fatto traboccare il vaso.


A San Massimo vive stabilmente una trentina di persone: noi outsider li sentiamo al telefono o via whatsapp. Alcuni amici si sono accorti  già dal 17 gennaio dell’impossibilità di contattare i genitori o i nonni residenti in paese, i cui cellulari erano irraggiungibili.
Sono passati due giorni prima che i miei cugini Diego e Raffaele, informati da persone in condizioni di inviare messaggi e dare notizie, fuori dalla ‘zona rossa’, portassero a galla la realtà.
Una realtà drammatica: ci auguriamo davvero che nessuno debba più viverla.
I pochi abitanti, in maggioranza anziani, sono rimasti sepolti sotto la coltre bianca di due metri e mezzo, senza luce né riscaldamento a parte quello dei camini a legna, e senza poter scappare dal ballo incessante della terra nell’Italia centrale.


L’esercito, giunto per prestare soccorso, dopo aver bussato a tutte le porte, ha portato via due donne, un uomo e una giovanissima mamma con la sua bambina. Gli altri hanno preferito rimanere, in gran parte ospiti di Berto, che ha una casa spaziosa e il generatore di corrente. Hanno mangiato le provviste preparate da Lina, eccellente cuoca professionista. Per fortuna c’era, rifletto, conoscendo il tocco di classe della sua cucina: un piacere necessario in certe situazioni.
I giovani intanto, Sara, Loris e Bryan, Eugenio, Chiara e Fabio, Valentina, Serena e Federico, sono andati al bisogno a Isola, sei chilometri di distanza, a piedi e con lo zaino in spalla: dovevano rifornirsi di benzina per i gruppi elettrogeni e di viveri; in attesa dei macchinari della protezione civile, sono riusciti persino a spalare la neve sulla strada principale. Forse hanno avuto paura, magari erano stanchi, o avevano freddo. Eppure non si sono fermati, nell’interesse della collettività prima che nel proprio. Eroi quindi, ben oltre la retorica che non ho mai amato. Se adesso i nostri vecchi stanno bene lo dobbiamo a loro in particolare.
Oggi San Massimo sta tornando pian piano alla normalità. Deve asciugarsi e poi essere ricostruita, in parte. L’acqua è entrata nelle abitazioni ferite e le ha rese davvero fragili.

     

Voglio immaginare di tornare, e non in visita toccata e fuga. Voglio vedere il Gran Sasso da vicino e riposarmi dopo mesi di città, portare pure gli amici, visto che vale la pena.
E spero di farlo presto, non tra una vita.

 
Ringrazio per gli aggiornamenti quotidiani i giovani e i meno giovani di San Massimo, che le hanno messe in comune sulla chat di whatsapp.
Le foto sono state scattate da Raffaele Cascetti, Valentina Di Luca e Sara Vantini

di Simona Cascetti