Vi proponiamo storie di donne teramane che, adolescenti, hanno fatto o subìto scelte determinanti per la loro vita.
L’abbandono
Sono Barbara e quello che racconto è un lontano ricordo, guardare da lontano lo schermo della vita, la mia. Il dolore, meno intenso, ma sempre profondo. La consapevolezza, unica consolazione, di aver dato una possibilità a quella piccola vita di cui non ho saputo più nulla. “Troppo giovane”, disse mia madre ed io, quindicenne, l’età per decidere di tenere con me quella nuova vita, non l’avevo. L’incoscienza, l’inconsapevolezza e la leggerezza di una sessualità vissuta senza limiti e senza dare il giusto peso al sentimento fanno la differenza tra amore e sesso. Il mio corpo usato per attirare l’attenzione. Usato e svenduto. Oggi sono una donna sposata e con un figlio. Vivo con la speranza che il mio bimbo viva in una famiglia che lo ama. Volevo tenerlo, ma la mia famiglia si è opposta e deciso diversamente. Ricordo la sofferenza del distacco, la depressione dopo averlo lasciato in ospedale, la rabbia nei confronti della mia famiglia, che mi aveva girato le spalle. Mi consolo dicendomi che gli ho dato la vita e una possibilità per viverla. Chissà se un giorno avrò il suo perdono.
L’aborto
Mi chiamo Angela, figlia unica, ricca e viziata. Avevo 18 anni, il brivido della maggiore età e del poter decidere da sola. Lo facevo anche prima, ma “adesso nessuno poteva dirmi nulla”. Un giorno, la scoperta della gravidanza, inattesa ed indesiderata. “No!” mi dissi, non potevo rovinarmi la vita. Quindi, la scelta di nascondere a tutti la gravidanza, l’appoggio e la copertura di un’amica. Finse di ospitarmi per una breve vacanza, invece mi recai in clinica ad abortire. Sola. Non sapevo cosa volevo, ma credevo di saperlo. Qualche anno dopo, una mia amica ha avuto una esperienza simile alla mia, ma ha fatto una scelta diversa, tenere il suo bambino. Ho pianto, sofferto vedendo la sua gioia. Non era invidia, ma riconoscimento di ciò a cui avevo rinunciato.. Per anni il rimorso di ciò che sarebbe potuto essere mi ha tormentato. Mi sono avvicinata alla Chiesa. Non riuscivo a perdonarmi. Ho trovato un parroco che ha avuto per me parole molto forti. Mi ha riconciliato con Dio. La Chiesa mi ha riaccolto e io oggi sono riuscita a riconciliarmi con la mia storia e la mia scelta sbagliata.
La vita
Appena maggiorenne, vivace, spensierata, e..leggera. Un’adolescenza di ribellione dalla mia famiglia e dalla mia vita che mi stava stretta. Teramo mi sembrava piccola e noiosa. Cercavo la vita e il divertimento sulla costa e quell’estate cambia spesso il “fidanzatino”. Immagino sia facile giudicare adesso, ma, allora non mi sembrava di fare nulla di male. Non nuocevo a nessuno. Era la mia vita e volevo viverla: spiaggia e sole di giorno, discoteca e sballo di notte. Un giorno, fortunato penso oggi, incontrai Giorgio, come me giovane e spensierato. Qualche tempo dopo la scoperta della gravidanza. Scelsi, con l’aiuto dei miei genitori di portare avanti la gravidanza. Comunicai a Giorgio la mia scelta e lui scappò. Sparì di punto in bianco. Era spaventato come me, ma io non potevo fuggire. Dopo un paio di mesi tornò, parlammo molto, lo facciamo anche adesso, e ci confrontammo sulle nostre paure e dubbi. Scegliemmo di restare insieme e di crescere la nostra bimba, Alessia. Viviamo la nostra vita di famiglia normale, con un principio un po’ burrascoso.
Soli, ma insieme
Ogni scelta comporta una perdita. Questa è la frase che si ripete Giorgia, pensando all’ultimo anno passato tra doglie e pannolini. E’ una ragazza madre (una di quelle toste), che ha messo una creatura di tre chilogrammi al centro della sua vita e il resto del mondo in periferia, sicura di vivere per lui. Giorgia vive con suo figlio e gioisce delle sue più semplici conquiste: togliersi le scarpe, portare un biscotto alla bocca, gattonare. Ha diciannove anni, esce poco con le amiche, non va spesso a ballare e le follie da adolescente non le ricorda quasi più. Adesso pensa a fare la mamma, ma non dimentica i giorni passati in bilico, quelli da cui è dipesa l’intera esistenza di suo figlio. Scoprì d’essere incinta qualche tempo dopo essere partita per il viaggio di diploma, sicura che al suo ritorno l’avrebbe aspettata un’avventura all’università di lingue orientali e la vita libera e indipendente che sognava da sempre. Quel test di gravidanza l’aveva sconvolta. Appena tornata a casa decise di ricorrere all’aborto. “Non posso tenerlo, ho la mia vita da vivere, ho appena iniziato. Non ho un lavoro, non ho una casa, dove trovo i soldi? E il mio ragazzo? Ci sarà per sempre? Non posso, non posso proprio, mi dispiace.” Chiamò il consultorio e prenotò la visita. Quella gravidanza era un ostacolo che non avrebbe mai voluto trovarsi davanti, ma che purtroppo doveva affrontare. Tutte le persone accanto a lei non potevano far altro che assecondarla, tranne una: sua madre. Parlando con la persona che le donò la vita Giorgia capì quanto stesse sottraendo a quella creatura e giorno dopo giorno iniziò a sentirla sua. Fece comunque la prima visita ginecologica prima di sottoporsi a quella che chiamano “interruzione di gravidanza”, ma nei dieci giorni che precedevano l’intervento Giorgia cambiò idea. Non si riconosceva nelle ragazze che aveva conosciuto in consultorio, non si riteneva più capace di un simile gesto, iniziò a intuire la grande responsabilità che aveva nei confronti di quella creatura che cresceva dentro e si nutriva di lei, viveva di lei. Maturò quindi la consapevolezza di poter fare tutto, ma non l’assassina. Ripensando a quella scelta, a più di un anno di distanza, Giorgia rabbrividisce all’idea del gesto che stava per compiere, al mostruoso destino che stava scegliendo per suo figlio. Così lo stringe più forte e decide di non pensarci.