Eccolo arrivare: ben vestito, occhiali fumé, fi sico asciutto come si conviene a uno sportivo. Guido Federico Di Francesco, arbitro di ottima qualità nella Legadue basket, un passato nella Serie C di calcio: “Mi sono dimesso nel 2006 perché ho capito che le cose non andavano come decide il campo, ma come volevano i poteri forti. Infatti qualche mese dopo è scoppiato Calciopoli”. E’ reduce da un incontro di pallacanestro del Teramo in cui ha fatto da cicerone ai
suoi colleghi, ma non solo. Infatti conduce da due anni e mezzo una scuola di preparazione arbitri dai 14 anni in su, presso la sede del Coni a Teramo. “Spesso li portiamo nei palazzetti per far respirare loro non solo l’aria della partita, ma anche per assistere a tutto l’iter burocratico pre-gara.” L’arbitraggio, spiega Guido Federico “è anche una fi losofi a di vita. Il rispetto delle regole non è importante solo in campo. Nel corso teniamo molto anche ai dettagli, come l’arrivare in orario. Spesso i ragazzi sembrano superfi ciali, anche perché il contesto sociale nel quale sono inseriti non li aiuta, ma bisogna tirar fuori le motivazioni. E’ questo che fa la differenza e lì io attacco il fi schietto”. Un novello maieutico socratiano. “Inoltre- prosegue- mostriamo ai giovani gli schemi delle squadre. Non devono conoscere solo il regolamento, ma anche eventuali ipotesi di gioco, statistiche, differenze canestri, scambiare informazioni. Spesso sono loro a inviarmi spezzoni di partite in cui ci sono decisioni diffi cili da prendere, e io le commento. In questo caso l’aiuto della tecnologia, che il basket usa da tempo in campo, è molto valido. Facciamo vedere le partite che arbitrano, commentando eventuali errori. Ci aiuta anche la federazione che lavora a quattro mani con l’associazione arbitri. Nel calcio invece si opera di più a compartimenti stagni”. A proposito di calcio poli e dello scandalo baskettopoli – inchiesta ancora in corso, sembra che la valutazione degli arbitri fosse pesantemente condizionata, stabilendo prima delle partite i voti da dare ai direttori di gara e chi dovesse salire di categoria o retrocedere. Esiste dunque la sudditanza psicologica arbitrale? “Nel calcio è un vero e proprio mobbing- risponde Di Francesco -. O questa minestra o la finestra, tutto un sistema che funziona così. Nel basket non ho mai ricevuto pressioni”. Forse perché la pallacanestro muove meno denaro? “I soldi sono relativi. el 90% dei casi prendere una decisione è facile. È il restante 10%, una zona grigia in cui non è facile decidere, che comporta grossi problemi. Il punto è questo: sbagliare e riuscire a farsi accettare. Io mi sono dedicato a formare i ragazzi dopo essere arrivato in serie A, per non ingenerare sospetti”. Assieme a lui collaborano Paolo Moro, Federico Agostinelli e Marco D’Emilio come istruttore. In meno di tre anni sono usciti dai corsi una cinquantina di arbitri e nulla funziona bene come il tamtam tra amici per avere nuovi iscritti.