TERREMOTO: CORSI E RICORSI STORICI

Dagli Appennini alle Ande. “Il resto del mondo, troppo occupato in altre guerre, venne appena a conoscenza del terremoto e del fatto che la natura era impazzita in quel lontano angolo del pianeta, ma arrivarono comunque carichi di medicine, di coperte, di cibo e materiali da costruzione che si smarrirono nei misteriosi meandri della pubblica amministrazione….”  ( Isabel Allende – La casa degli Spiriti ).

La pubblica amministrazione descritta da Isabel Allende, nel romanzo “La Casa degli Spiriti”, è quella pubblica amministrazione frutto del governo “di quelli di sempre”: una oligarchia d’elitè di stampo liberista, a livello economico, che caratterizza lo scenario politico Cileno, negli anni precedenti gli sconvolgimenti sociali culminati con il golpe “Pinochet”.

In maniera efficace ed impietosa, la scrittrice Cilena, descrive il malaffare, la corruzione e l’incapacità istituzionale, dinanzi all’emergenza, con poche e laconiche parole: gli aiuti e le promesse si perdono nei meandri della pubblica amministrazione.

Nei meandri della burocrazia e della cattiva politica, anche oggi, nel nostro Paese, si perdono le casette in legno, appaltate a “peso d’oro” dal governo di “quelli di sempre” e, teoricamente, destinate ad ospitare le famiglie terremotate; si perdono gli aiuti destinati alle imprese danneggiate dal sisma ( v. indennità una tantum di 5.000 euro, prevista ex art. 45 del D.L. 189/2016 ), si perde la visione di una ricostruzione cui, ormai, dopo tanti anni, quasi nessuno crede più, disillusi come siamo dall’evidenza dell’incapacità generale delle amministrazioni locali di condurre concretamente le operazioni e dalla volontà del governo centrale “di quelli di sempre” di destinare le briciole ai terremotati ( tre miliardi di euro, in tre anni ) e il “centro della pagnotta” a banche ed amici di sempre ( venti miliardi, in una notte ).

Nei meandri di amministrazioni locali abbandonate a loro stesse, incapaci di ribellarsi e quasi inebetite di fronte ad una problematica di proporzioni così enormi, si perdono poli scolastici e piani di ricostruzione, si perde il tessuto economico e sociale, già in precedenza latente, e ci si affida, in una visione del futuro sempre più incerta, alla generosa ed apprezzata elemosina ( ma pur sempre elemosina ) di aziende private che sostituiscono con la loro efficienza, l’inefficienza dello Stato.

Tutto si perde, aiuti e promesse, in un silenzio generale che rende ancora più assordante il senso dell’abbandono. La società descritta dalla Allende trovava la Sua rassegnazione  e il Suo silenzio nell’alto tasso di reale analfabetismo che rendeva la popolazione incapace di ribellarsi poiché spesso ignara di ciò che accadeva; la nostra società pare essere, invece,  preda di una specie di analfabetismo funzionale che impedisce di individuare i reali responsabili del tracollo di un territorio e spinge le vittime ad innalzare “osanna” ai carnefici.

In una sorte di “delirio mitomane” la maggioranza di questo popolo continua ad affollare convegni, a partecipare ad inutili manifestazioni, ad applaudire il politico di turno, ad ascoltare silente, senza battere ciglio, quell’imperituro motivetto composto dal trittico “illusioni, promesse e chiacchiere”.    

Come qualcuno mi ha suggerito, tuttavia, a questa riflessione manca qualcosa. Manca, in effetti, il “lieto fine”, manca la soluzione, lo scoppio e la scintilla, la speranza che, nel momento in cui il diritto diventa regia concessione, la voce della protesta sia alimentata dal fiato unisono delle moltitudini. Rimane ben ferma, tuttavia, la sensazione che questo mortifero e ridicolo buonismo generalizzato, che “appesta” il nostro mondo, abbia rappresentato l’ennesimo salvacondotto in grado di garantire ai responsabili l’impunità politica e istituzionale, che i “corsi e ricorsi storici” di Giovan Battista Vico certificano, ancora un volta, che il rapporto tra dominanti e dominati rimane, ora e sempre, eguale a se stesso.

 

di Riccardo Panzone