Intervista a cura di Mimma Cucinotta
Catania, dicembre 2022 – “Un giorno sarà possibile mandare messaggi in ogni angolo della terra utilizzando una quantità così piccola di energia, che anche i costi saranno molto bassi”. “La scienza è incapace di dare la spiegazione della vita; solo la fede ci può fornire il senso dell’esistenza: sono contento di essere cristiano”. (Guglielmo Marconi)
Questo senso di profonda cristianità ha accompagnato lo straordinario ingegno dello scienziato, nell’applicazione delle proprie scoperte a servizio dell’umanità.
Guglielmo Marconi (25 aprile 1874 – 20 luglio 1937), considerato il primo Radioamatore della storia, fu nominato Presidente onorario, nel lontano 1927, della Associazione in fieri che riuniva gli anticipatori del Radiantismo italiano, ispirati ai suoi principi di umana solidarietà in un momento storico profondamente critico, che all’epoca si chiamava Associazione Radiotecnica Italiana (in seguito modificata in “Associazione Radioamatori Italiani”).
Principi che continuano ad unire i Radioamatori di oggi e di ieri. Anche quando nell’Italia fascista le attività dei gruppi radioamatoriali, viste con sospetto, furono soggette a divieti, soprusi, sequestri delle apparecchiature, i “radianti” (come si chiamavano all’epoca) mantennero passione e legami in clandestinità per uscirne alla fine della seconda guerra mondiale, ponendosi al servizio in un paese vinto ed occupato dalle forze alleate.
“Nella radio abbiamo uno strumento essenziale per riavvicinare i popoli del mondo, per fare sentire mutuamente le loro voci, le loro necessità e le loro aspirazioni. Il significato di questi moderni mezzi di comunicazione è così totalmente rivelato: un ampio canale per lo sviluppo delle nostre relazioni è oggi a noi disponibile, dobbiamo solo seguire il suo corso in uno spirito di tolleranza e di simpatia, desiderosi di utilizzare le conquiste della scienza e dell’ingegno umano per il bene comune”. Così l’11 marzo 1937 Guglielmo Marconi, durante l’intervento al Forum del Chicago Tribune, anticipava gli scenari che si sarebbero realizzati nel ventesimo secolo.
Ignazio Arancio Orazio Lo Castro Orazio Giuffrida
Concetto Caruso
Scenari evolutivi nel mondo delle comunicazioni, fondato sulla telegrafia senza fili che utilizzava le onde radio con un riferimento primordiale: Guglielmo Marconi, Premio Nobel per la fisica nel 1909 a soli 35 anni, inventore di un sistema di trasmissione senza precedenti che ottenne in breve tempo notevolissima diffusione a fini socio-umanitari. Possiamo quindi serenamente affermare che il nostro Marconi fu il Padre delle comunicazioni così come oggi le conosciamo.
Guglielmo Giovanni Maria Marconi nasce a Bologna Palazzo Marescalchi, dall’unione del padre Giuseppe, aristocratico e ricco proprietario terriero e, da Annie Jameson, giovane irlandese nipote del fondatore della storica distilleria Jameson & Sons, arrivata in Italia per studiare bel canto. A vent’anni Marconi, dotato di grande intuito, inizia le sue sperimentazioni mettendo a punto nel 1894 un segnalatore di temporali. Poco dopo notò che pigiando un tasto telegrafico, squillava un campanello posto in un’altra camera, L’euforia per la scoperta lo indusse nottetempo a svegliare la madre e condurla nel rifugio segreto della tenuta nelle campagne di Pontecchio.
L’apparecchio mostrò la sua efficacia nella comunicazione e ricezione di segnali a distanza e la capacità di superare anche gli ostacoli naturali. Era l’estate del 1895, e la riuscita dell’esperimento di comunicazione a oltre 2 km, annunciata dallo storico colpo di fucile sparato dal maggiordomo Mignami, fu considerato ufficialmente la nascita della radio.
Il padre si convinse della genialità di Guglielmo e finanziò le successive sperimentazioni, avvenute in Irlanda e Gran Bretagna, in virtù della doppia cittadinanza per essere figlio di madre irlandese. Ed è a Londra che si concretizza l’invenzione ed il brevetto del “telegrafo senza fili”. Nel 1898 Marconi realizza la prima trasmissione attraverso l’acqua da Ballycastl, nell’Irlanda del nord, al faro sull’isola di Rathlin. Un sistema radio venne montato tra la residenza estiva della regina Vittoria e lo yacht reale a bordo del quale si trovava l’allora principe di Galles, divenuto poi Re Edoardo VII.
Da quel momento l’attenzione di Guglielmo Marconi si concentra verso l’Atlantico. La ragione delle sue ricerche in quella direzione derivavano dalla convinzione che le onde potessero varcare l’oceano superando la curvatura del Pianeta. Il primo esperimento venne eseguito nell’estate del 1901 tra due stazioni a tre mila chilometri di distanza separati dall’Oceano Atlantico, nell’isola della Cornovaglia a Poldhu in Inghilterra e St. John’s nell’isola canadese di Terranova. Per avverse condizioni l’esperimento non andò a buon fine. L’intuito dello scienziato lo portò a potenziare gli apparati e il 12 dicembre 1901 avvenne la comunicazione che realizzò il primo collegamento radio-telegrafico transoceanico, uno straordinario evento che avrebbe cambiato il corso delle comunicazioni del ventesimo secolo. La visione precorritrice dei tempi di Guglielmo Marconi sul piano della ricerca e innovazione hanno dato una spinta propulsiva alla evoluzione delle tecnologie.
“Le mie invenzioni sono per salvare l’umanità, non per distruggerla” dichiarava Marconi al tempo, che nel 1909 grazie ai suoi apparati ricetrasmittenti riuscirà a salvare dall’affondamento di un transatlantico oltre mille persone, e che gli valse nello stesso anno il Nobel per la fisica. Ed ancora nella sciagura del Titanic del 1912, il salvataggio di settecento passeggeri sarà merito dell’apparecchiatura installata a bordo da Marconi, grazie all’utilizzo delle onde radio.
Su richiesta del pontefice Pio XI, nel 1929 Marconi si incaricò di realizzare la prima stazione radio di quella che nei decenni successivi sarà la Radio Vaticana. L’inaugurazione avviene nel pomeriggio del 12 febbraio 1931. “Con l’aiuto di Dio, che tante misteriose forze della natura mette a disposizione
dell’umanità, ho potuto preparare questo strumento che procurerà ai fedeli di tutto il mondo la consolazione di udire la voce del Santo Padre”. Così Guglielmo Marconi introdusse personalmente la prima trasmissione radiofonica di Papa Pio XI in collegamento con con New York, Melbourne e molte altre città del mondo.
L’invenzione della radio, cosi come nei proponimenti di Guglielmo Marconi, ha posto la conquista scientifica a servizio della società, dell’intera umanità, dei bisogni della Terra. Per questi motivi l’attività del Radioamatore è concepita come “Servizio”, enunciato dalla I.T.U. , ovvero “un Servizio di radiocomunicazione con obiettivi di istruzione personale, di intercomunicazione e di ricerca scientifica, da parte di Amatori, ossia persone debitamente autorizzate, interessate alla radiotecnica a titolo personale, senza fini di lucro”. Alla loro attività è riconosciuta quindi la stessa dignità del Servizio Radiomobile Marittimo o Aereonautico. Il Radioamatore è chiamato quindi ad accrescere le proprie conoscenze scientifiche, tecniche operative in continuo dinamismo.
Tornando ai tempi oscuri della seconda guerra mondiale, non possiamo non ricordare il sacrificio del sacerdote polacco, Padre Massimiliano Kolbe, radioamatore con nominativo SP3RN (SP è il prefisso internazionale assegnato dalla I.T.U, l’International Telecommunication Union, ancora oggi alla Polonia), frate francescano, che negli anni ’30 aveva iniziato ad utilizzare la Radio per l’evangelizzazione del proprio paese, risultando così un po’ l’antesignano dell’odierna Radio Maria. Kolbe si offrì di sostituire un padre di famiglia destinato a morire nel campo di sterminio di Auschwizt il 14 agosto 1941, dove aveva continuato segretamente a celebrare Messa e usare di nascosto un ricevitore radio.
“Lei non ha capito nulla della vita, l’odio non serve a niente… Solo l’amore crea”. Le ultime parole di Padre Kolbe, testimoniate dall’ufficiale medico di Auschwitz che gli somministrò la dose letale, dimostrano la grande spiritualità di colui che fu poi scelto quale Protettore dei Radioamatori di tutto il mondo, proclamato Santo nel 1982 da Papa Karol Józef Wojtyła (Giovanni Paolo II).
L’attività dei Radioamatori risultò in seguito salvifica in numerosi accadimenti legati alle calamità naturali, come alluvioni e terremoti. Restando in Italia, dal Polesine a Firenze, alla Sicilia, al Friuli, all’Irpinia, l’intervento dei Radioamatori si è sempre rivelato provvidenziale, sopperendo al crollo delle reti ufficiali di telecomunicazione causato dagli eventi. Durante la drammatica alluvione di Firenze del 1966, il Servizio dei radioamatori, attuato allora con strumenti rudimentali, dimostrò essere di fondamentale supporto alle unità di soccorso istituzionali. Dando i primi allarmi in assenza di comunicazioni telefoniche per interruzione e sovraccarico, anche nei più recenti terremoti del Centro Italia (2016/2017) o in quello all’Aquila, colpita violentemente nel 2009, l’immediata attività posta in essere dai radioamatori favorì la pianificazione strategica della Protezione Civile.
Secondo dati ufficiali, in Italia ci sono circa 40mila stazioni di Radioamatori autorizzate, di cui circa 10mila sono associati all’A.R.I. (Associazione Radioamatori Italiani), filiazione della IARU (International Armateur Radio Union). Disseminati in tutti i Paesi del mondo, con l’esclusione in atto della sola Corea del Nord che non ammette ancora l’attività di Amatore, i Radioamatori sono stimati essere circa. 2,5 milioni, la maggior parte dei quali sono uomini, anche se le quote rosa stanno sempre più avanzando. Passione, genialità, fantasia e sviluppo delle competenze rappresentano il fil rouge di questa affascinante “mission”.
Riassumendo dunque il pensiero di Guglielmo Marconi, la mission ha al centro, “il riavvicinamento dei popoli nel mondo” sfruttando le onde radio nella ionosfera “per salvare l’umanità, non per distruggerla. Dunque un impegno di straordinaria valenza che supera i confini dell’Hobby.
Abbiamo raccolto le testimonianze esperenziali di due esponenti siciliani del radiantismo professionistico. Nell’ambito di un incontro, a raccontare la loro conoscenza nel mondo dei Radioamatori, sono stati Concetto Caruso IW9CTJ, presidente della sezione ARI di Catania e Alfio Bonanno IT9EJW socio della sezione di Acireale (Catania). All’evento, ospitato da una splendida dimora immersa nel verde, sulle colline di Aci Trezza in una calda serata d’agosto, hanno partecipato Ignazio Arancio IT9IRL, Orazio Giuffrida IT9FRT e Orazio Lo Castro IT9JEA
Partendo dalla esperienza di Concetto Caruso di ARI Catania chiediamo: Presidente iniziamo a comprendere il significato del codice che distingue il nominativo dei radiomatori e cosa si intende per onde corte?
“A tutti i radioamatori autorizzati, ovvero coloro che hanno conseguito la patente di Operatore di Stazione di Radioamatore sostenendo i relativi esami presso gli Ispettorati del Ministero dello Sviluppo Economico, viene assegnato il cosiddetto “indicativo di chiamata”, composto oggi da sei caratteri alfanumerici. Si tratta di un codice unico in tutto il mondo che identifica in maniera univoca il radioamatore, formato da un prefisso internazionale, variabile a seconda il Paese di appartenenza, da un numero e da un suffisso assegnato al singolo. In Italia la prima lettera del prefisso è la I, in Spagna è la E, in Germania è la D e così via per i restanti paesi. Può seguire una seconda lettera (ad esempio per la Sicilia, Regione a statuto speciale, la T) e poi un numero, che corrisponde alla prima cifra del C.A.P. (Codice Avviamento Postale) della regione. Ad esempio il 9 indica la Sicilia, ove tutti i “cap” iniziano proprio con tale numero, poi seguono tre lettere personali. Per esempio, il mio nominativo IW9CTJ, identifica per tutti una stazione italiana operante dalla Sicilia, mentre un nominativo IS0ABC identica una stazione della Sardegna, IK2ABW una stazione della Lombardia e così via.
Le onde corte sono denominate anche HF (dall’acronimo “High Frequency”) e comprendono le gamme di frequenze dai 3 MHz (o 3.000 Khz) ai 30 MHz (o 30.000 Khz), corrispondenti alle lunghezze d’onda comprese tra gli 80 e i 10 metri. Le onde corte permettono, anche con potenze talvolta modeste, di effettuare collegamenti a lunghissima distanza superando la curvatura terrestre grazie alla presenza della Ionosfera, quella parte dell’atmosfera che consente alle onde radio di essere rimandate a terra. Per questo motivo ancora oggi, sebbene la tecnologia si avvalga dell’impiego di satelliti per le telecomunicazioni, i sistemi radio in HF sono sempre utilizzati, non solo dai radioamatori nelle bande a loro assegnate, ma anche dai servizi militari, dai servizi radio marittimi, aereonautici etc. Insomma, per farla davvero breve, a noi radioamatori basta un accumulatore da auto (la classica batteria, per intenderci), una radio e una semplice antenna costruita con del banale filo elettrico, per essere ascoltati da tutto il mondo, senza alcun limite di distanza!”
Com’è nata la sua passione per il radiantismo, cosa lo ha attratto nel ripercorrere le orme di Guglielmo Marconi, da radioamatore?
“Premetto che, nella mia infanzia posso ritenermi fortunato di aver avuto, quale compagno di giochi, mio zio Salvo, il fratello di mamma, con il quale realizzavamo i plastici ferroviari, curando ogni dettaglio nell’allora autocostruzione di qualsiasi dispositivo elettrico che servisse agli scambi, all’illuminazione dentro le casette o dentro i vagoni stessi. Mio zio mi dedicava tanto tempo, e posso candidamente ammettere che tali categorie di giocattoli me li regalava per poterli usare anche lui, con questa scusa. La curiosità, le domande ed i primi rudimenti scolastici di Applicazioni Tecniche alla Scuola Media “Quirino Maiorana” di Catania furono la fucina della mia allora iniziale proiezione verso il mondo dell’elettricità e dell’elettronica. A tal proposito, proprio su tali componenti, imparai il famoso codice dei colori delle resistenze elettriche quando lo zio, ultimato il modellino (termine eufemistico per le dimensioni davvero notevoli) della Nave Scuola “Amerigo Vespucci”, ancor’oggi in imponente mostra a casa sua, dovette realizzare i cc.dd. “fanali in testa d’albero” impiegando dei comunissimi LED (Light Emitting Diode) ai cui terminali mi fece saldare (con la sua attenta supervisione maniacale) un capo della resistenza ed il cavo elettrico della tensione. Erano gli anni della famosa “Scuola Radio Elettra” di cui già iniziavo a sfogliare qualche pagina. Alcuni mesi dopo mi regalò una coppia di ricetrasmittenti portatili giocattolo, con i quali giocavo con mia sorella fino a quando, un pomeriggio, non ebbi a sentire una terza voce che intervenne nelle chiamate: quell’evento sancì l’inizio della mia passione per le radiocomunicazioni.
Fu così che mi ritrovai, di lì a poco, immerso nel mondo della C.B. (Citizen Band), che, sebbene limitata a pochi canali in una sola banda di frequenza (27 Mhz) e con scopi del tutto differenti da quelli del Radiantismo, ha sempre rappresentato un’ottima ‘palestra’ per i futuri Radioamatori. Iniziai con un vecchio ricetrasmettitore TOKAY da 23 canali, regalatomi da un caro amico di famiglia, che aveva anch’egli la casa al mare nella splendida baia di Castelluccio, presso la Costa Saracena che si erge tra Agnone Bagni e Brucoli. Lo “Zio Ciccio”, affettuosamente chiamato cosi (perché lo conoscevo sin da quando avevo 4 anni) aveva già una radio CB con la quale collegava corrispondenti in ogni parte del mondo grazie a quella maestosa antenna che girava sul tetto di casa.
Superato l’esame di terza media, pronto a varcare i cancelli dell’Istituto Tecnico Industriale “Archimede”, ricevetti in regalo un ricetrasmettitore INTEK da 34 canali, omologato, per il cui impiego dovetti richiedere la famosa “concessione” all’allora Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni di Palermo, con tanto di autorizzazione dei miei genitori, in quanto minorenne. Dopo qualche mese, ricevuto l’atto di assenso, iniziai il mio percorso da operatore radio, con le mie prime esperienze nel campo delle costruzioni di antenne e tanto altro ancora. La mattina di una domenica di fine Giugno, eravamo pronti per trasferirci nella casa al mare ed io, imperterrito come sempre, ero alla radio quando, all’improvviso sentii una voce femminile dal marcato accento straniero, che stava comunicando con qualcuno che non ascoltavo. Provai a farle chiamata ripetutamente fino a quando mi rispose. Ancora oggi provo forte emozione nel raccontarlo, si chiamava Mira, trasmetteva dalla Jugoslavia, vicino Belgrado. Conservo ancora, come fosse una reliquia, la sua QSL (cartolina postale di conferma del contatto) che mi pervenne con una richiesta d’aiuto, unitamente ad una banconota italiana da Lire 10.000. Mira infatti aveva bisogno di un componente elettronico, difficile da reperire nelle sue zone in quegli anni successivi alla morte del Maresciallo Tito e allo smembramento della ex Jugoslavia. Senza ritardi, reperiì il componente presso un noto negozio di elettronica di Catania per la modica cifra di 6.000 lire circa. Quel componente serviva per riparare un ricetrasmettitore che era installato sull’ambulanza dell’allora società di Croce Rossa jugoslava, ove Mira vi prestava servizio volontario quale infermiera. Feci la spedizione di un piccolo pacco, contenente il componente elettronico, restituii la banconota da 10.000 lire e vi misi dentro alcune paste di mandorla, ricorrendo alla paghetta settimanale che ricevevo dai miei. Più avanti negli anni ho sempre più maturato la consapevolezza di quanto la sperimentazione del nostro Marconi sia stata basilare, non soltanto per i collegamenti nell’etere e per la formazione delle conoscenze scientifiche di ciò che accade sulle varie bande di frequenza, ma anche per ciò che rappresenta come mezzo di vicinanza e di aiuto reciproco fra i popoli. Alla fine, spinto da tutte queste bellissime esperienze nel campo della radio, dopo avere conseguito il diploma, decisi che era tempo di fare il grande ‘salto di qualità’, e sostenni l’esame per il conseguimento della patente di radioamatore, superandolo””.
Presidente Caruso, come si coniuga l’attività di Radioamatore con la sua esperienza professionale di Primo Luogotenente “Comandante Navale” nel Corpo delle Capitanerie di Porto Guardia Costiera?
“Mi sia concesso un doveroso passo indietro circa la mia formazione scolastica, dalla quale è poi dipesa la decisione di sostenere l’esame per il conseguimento della patente di Radioamatore: devo ringraziare la profonda dedizione e pazienza di un grand’uomo, che ci ha insegnato (parlo anche per l’allora mia classe) l’Elettrotecnica e le basi delle Telecomunicazioni come un padre accompagna il proprio figliolo nella normale evoluzione pedagogica. Sto parlando dell’Ingegnere Ugo Parmitano, il cui cognome vi suonerà certamente familiare. Ci teneva ad essere chiamato Ingegnere perché diceva che chiunque poteva essere Professore, mentre l’Ingegnere ha il compito di guidarti, accompagnarti e di farti la “trasfusione del sapere”. Fu nella nostra aula che conoscemmo suo figlio Luca, allora studente di un altrettanto prestigioso liceo scientifico di Catania, oggi Ufficiale dell’Aereonautica Militare Italiana ed Astronauta famoso in tutto il mondo (nonchè radioamatore), che molti radioamatori italiani e stranieri hanno avuto il piacere di collegare da bordo della ISS. Gran parte di noi, il giorno del diploma, fu invitato dal nostro Ingegnere a valutare l’utilizzo della specializzazione conseguita, o per proseguire gli studi di laurea o per sostenere i concorsi nelle FF.AA., in quanto i periti capi tecnici erano fortemente ricercati. Come ho narrato prima fu così che, ancora con il cervello caldo e carico, feci l’esame per la patente di radioamatore, superandolo, e le prove selettive per Sottufficiale della Marina Militare, vincendo il concorso lo stesso anno.
Diciamo che le nozioni di radiotecnica e la pregressa esperienza nel campo della radio sono state fondamentali nello studio specialistico di alcune materie durante le scuole militari, e mi hanno spinto ad approfondire alcuni argomenti particolari, come la propagazione delle onde radio in ambiente marino, sopra e sotto la superficie del mare, o la c.d. “guerra elettronica” (Electronic Warfare – ovvero azione militare che sfrutta l’energia elettromagnetica, sia attivamente che passivamente, per fornire consapevolezza della situazione e creare effetti offensivi e difensivi) fino al famoso “jamming” (emissione di “rumore” mediante segnale radio avversario abbastanza forte da sovraccaricare i ricevitori del nemico, interrompendo del tutto le sue comunicazioni). Tutto questo mi ha dato la spinta per specializzarmi nella componente navale della nostra Guardia Costiera, dove sono divenuto Comandante di prestigiose unità. Il mare è qualcosa di spettacolare, soprattutto la notte, ove possiamo renderci conto dell’immensità dello spazio, guardando la volta celeste”.
Quali sono le sperimentazioni sulla propagazione delle onde elettromagnetiche che più la affascinano?
“Rimanendo in tema di volta celeste, quale radioamatore, seppur attivo un po’ su tutte le gamme, mi sono dedicato maggiormente alle bande VHF e UHF, dove giungere a sempre maggiori distanze è via via più difficile; in questa attività mi ha molto aiutato la mia esperienza in campo navale, perché è spesso necessario utilizzare formule tipicamente “nautiche”, quali funzioni goniometriche e sessagesimali, interpolazione lineare, meteorologia e calcolo della distanza massima tra due stazioni radio poste a diverse altezze e distanze sulla superficie della nostra meravigliosa terra. Una di queste attività si chiama E.M.E. (Earth–Moon–Earth), un tecnica mediante la quale si effettuano collegamenti radio anche su frequenze elevatissime con numerosi corrispondenti nel mondo sfruttando la riflessione delle onde radio da parte del suolo lunare. Basta puntare le antenne sulla luna e utilizzare dei segnali codificati da un Personal Computer non udibili dall’orecchio umano per giungere all’altro capo del mondo. Questi sistemi ‘digitali’ sono stati sviluppati da un Radioamatore d’eccezione, Joe Taylor K1JT, premio Nobel per la fisica nel 1993 per le sue scoperte sulla fisica delle stelle Pulsar. E’ questa una tecnica che richiede parecchia pazienza, profonde conoscenze operative e un po’ di dotazione particolare di apparecchiature, basti pensare che le antenne devono potersi ruotare sull’orizzonte (azimuth) ed elevarsi verso il cielo (zenit) per inseguire la luna, man mano che sorge fino al suo tramonto. La parte più emozionante di questa modalità è sapere che il tuo segnale radio, viaggiando alla classica velocità della luce pari a circa 300.000 Km al secondo, dovrà percorre i 363.000 km circa quando la luna si trova al perigeo oppure 405.000 km quando si trova all’apogeo e tornare indietro, con un ritardo medio di ca. 2,5 secondi affinché il segnale radio ritorni sulla terra!”
La Radio è una scienza, è fisica?
“Certamente! Tutto ciò che accade nel mondo delle telecomunicazioni è determinato da leggi della fisica, come quelle che governano la propagazione delle radioonde, che ancora oggi studiamo e cerchiamo di comprendere nei loro aspetti più complessi. Le molteplici applicazioni scientifiche sono inoltre tutte complementari all’uso razionale delle tecnologie odierne ispirate alla Radio e strettamente connesse a vari studi scientifici, come ad esempio quelli sul magnetismo terrestre, variabile in ogni luogo della Terra (Declinazione magnetica). Alcune bande di frequenza radio, segnatamente le frequenze più basse, sono particolarmente sensibili alla situazione del campo magnetico terrestre. Nelle zone più remote del mondo vi sono spedizioni scientifiche, come per esempio in Antartide, dove le onde radio servono per lo studio sulle variazioni dei campi magnetici e alla meteorologia locale. Molti di questi studi sono gestiti dal nostro I.N.G.V. (Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia) o dal C.N.R. (Centro Nazionale Ricerche)”.
Presidente Caruso, non solo all’interno del radiantismo ma anche per la sua professione utilizza la telegrafia Morse, può spiegarne meglio l’utilizzo?
“I radioamatori sono rimasti oggi praticamente gli ultimi eredi della radiotelegrafia, l’utilizzo via radio del codice Morse. La radiotelegrafia è qualcosa di eccezionalmente accattivante, sentirla o vederla praticare dall’esperto “grafista” è come per l’appassionato fumatore assaporare un buon sigaro cubano accompagnato da dell’ottimo rhum. Perdoni l’esempio, ma non potevo darle che questa risposta, anche ricordando il talento e la passione dei bravissimi grafisti delle nostre Sezioni, come il nostro Alfio IT9EJW per Acireale e Ferdinando IT9QAU, nostro istruttore a Catania, Maresciallo telegrafista in pensione della Guardia di Finanza. Nell’ambito delle attività professionali nautiche purtroppo la trasmissione radiotelegrafica è stata sospesa nel 2005, poiché i sistemi satellitari commerciali hanno sostituito le attrezzature poste nelle stazioni RT (Radio Telefoniche e Telegrafiche) di ogni nave, sia mercantile che militare. Non ci resta che omaggiare la trasmissione radiotelegrafica, che negli anni ha salvato milioni di vite umane, rievocando quella famosa strofa di De Gregori: “e il marconista sulla sua torre…le lunghe dita celesti nell’aria… trasmetteva saluti e speranze per questa crociera straordinaria…e riceveva messaggi d’auguri in quasi tutte le lingue del mondo… comunicava tra Vienna e Chicago in poco meno di un secondo”.
Il Radiantismo inteso come Hobby ha pure annesso uno spazio agonistico; ad Alfio Bonanno socio della sezione di Acireale (Catania), veterano Radioamatore specialista di Gare di Radio, chiediamo di raccontarci di queste e delle sue esperienze di attivazioni radio in giro per il mondo.
Alfio Bonanno– componente ARI Acireale
“Si tratta di attività, svolte prevalentemente nei fine settimana, che sono delle vere e proprie competizioni sportive, denominate appunto “Contest”, organizzate dalle associazioni radioamatoriali di varie nazioni durante le quali si realizzano collegamenti tra i radioamatori di tutto il mondo, e vengono cumulati punteggi per ciascun collegamento che poi contribuiranno a formare le classifiche. E’ fondamento di qualsiasi contest una complessa preparazione a monte, possibilmente graduale e comprendente numerosi settori. L’adesione alle gare può interessare il singolo operatore oppure una squadra di più operatori (multi-operatore) che agisce in Team.
Per quanto riguarda le attivazioni invece, vengono talvolta organizzate da gruppi di Radioamatori delle missioni, anche sostenendo costi finanziari non indifferenti, dette anche “spedizioni” (DX-Pedition) nel nostro gergo, installando temporaneamente una o più stazioni operanti su più bande di frequenza in luoghi remoti e spesso esotici del nostro pianeta, dove non vi sono radioamatori residenti, al solo fine di dare agli altri la possibilità di collegarli”.
Qual è stata la spedizione particolarmente significativa per la sua esperienza?
“Quella che ha lasciato in me un ricordo indelebile per la mia attività e non ultimo per l’interesse naturalistico è stata l’esperienza in un atollo sperduto dell’Arcipelago Polinesiano, ove mi sono recato, seppur in anni diversi, per ben due volte, con le dovute autorizzazioni rilasciate dal governo Polinesiano.
Da Papeete, nell’isola di Tahiti, la capitale della Polinesia francese, mi sono imbarcato su di un catamarano insieme ad altri colleghi e dopo quattro giorni di navigazione abbiamo raggiunto Maria Atol, un atollo disabitato dove è stata allestita la stazione radio che ci ha permesso di collegare i restanti quattro continenti del mondo. Nel 2004 abbiamo ripetuto questa esperienza recandoci a Hereheretue, sempre in Polinesia, dove vivevano soltanto 36 abitanti Maori, sparsi in diverse isole dell’atollo”.
Video della spedizione realizzata da Alfio Caruso –
https://www.youtube.com/watch?v=S24YBJtwg04
IOTA DX-pedition – Hereheretue atoll – French Polynesia 2004
Come vivono i Maori e qual è stata la loro reazione al vostro arrivo?
“I Maori vivono di quello che offre loro la natura sulle isole, in particolare noci di cocco e aragoste, che periodicamente vengono prelevate dalle navi di Stato in cambio di rifornimenti per la loro sopravvivenza. La loro vita media si aggira intorno ai cinquant’anni, i più intraprendenti lasciano le isole per iniziare un’esistenza ad Haiti. Dopo aver avviato un certo rapporto di reciproca fiducia, sono stati molto ospitali, donandoci delle splendide aragoste”.
Perché per la spedizione è stato scelto l’atollo polinesiano?
“Perché si tratta di una località ricercata, sia per i collegamenti da parte dei radioamatori dell’intero pianeta che per l’interesse scientifico relativo allo studio della propagazione delle onde elettromagnetiche. Una zona remota in cui si verificano condizioni particolari per quanto riguarda le possibilità di collegamento con altri continenti, specificamente con la lontana Europa, per riallacciarmi al pensiero poc’anzi espresso da Concetto”.
Le spedizioni sono finanziate, e che validità hanno all’interno del bagaglio esperienziale del radioamatore?
“Le spedizioni sono tutte autofinanziate dai Radioamatori che vi partecipano attivamente, ma anche talvolta per buona parte dalle loro Associazioni, visto il costo spesso non indifferente; e infine anche dai Radioamatori che collegano la spedizione, che contribuiscono spesso individualmente con piccole cifre al sostenimento dei costi complessivi.
Per rendere “valide” queste attivazioni è poi necessario fornire una prova documentale dell’ottenimento di autorizzazione alle trasmissioni dallo Stato di riferimento, quindi esibire una documentazione formata dai biglietti aerei, dalla dichiarazione dello skipper (che nel caso dell’Arcipelago polinesiano ci ha accompagnato sull’isola), dalle immagini per il riconoscimento del luogo che confermino che si è effettivamente operato da quelle località. L’elenco dei collegamenti radio eseguiti vengono poi messi a disposizione della Comunità scientifica che studia la propagazione delle onde elettromagnetiche su vari siti radioamatoriali e non.”
La conversazione con Concetto Caruso ed Alfio Bonanno, ha aperto a conoscenze scientifiche e suscitato nuovi stimoli alla scoperta del mondo del radiantismo finora a noi quasi sconosciuti. Un settore, cui fin da giovanissimi per l’esperienza diretta di un nostro familiare, abbiamo mostrato curiosità ma come spesso capita nella vita, “c’è un momento per tutto”.
Doveroso a questo punto, chiudere questa pagina di approfondimento, ricordando Fra’ Giacinto Tarenzi, scomparso nel settembre scorso a Pedavena in provincia di Belluno. Frate minore conventuale, Frà Giacinto, ha lasciato la vita terrena all’età di 88, ed è stato un appassionato di onde radio. Aveva deciso di trascorrere il tempo che lo separava dal ritorno a Gesù, nella casa riposo dedicata proprio a “Padre Kolbe” sacerdote e frate francescano che, come sopra abbiamo rammentato, negli anni ‘30 utilizzò la Radio per l’evangelizzazione del proprio paese, prima di essere ucciso tragicamente da una dose letale, nel campo di Auschwitz.
Originario di Formigara, dove adesso riposa nel cimitero della località cremonese, ma Valdobbiadenese d’adozione, frà Giacinto si appassionò al radioascolto e CB nel 1979, quando alla diagnosi di una patologia ansioso-depressiva, a supporto terapeutico i medici gli consigliarono di dedicarsi alle radioonde, cui il Francescano rivolse attenzione per oltre quarant’anni. Interpretando il proprio ministero pastorale con l’utilizzo anche delle onde corte, attuando collegamenti con le popolazioni dei Paesi del mondo più remoti. Pur non avendo conseguito la certificazione di Radioamatore ha svolto un’opera di cristianizzazione unita all’orgoglio di essere divenuto un esperto di gergo GB, tanto da sfoggiare sul saio francescano la targhetta identificativa di Alfa Tango. Un vezzo che ha prodotto significative opere evangeliche intorno al Pianeta, secondo i principi di umanità cristiana diffusi da Guglielmo Marconi, l’11 febbraio 1937 al Forum di Chicago Tribune: “Nella radio abbiamo uno strumento essenziale per riavvicinare i popoli del mondo … e di utilizzare le conquiste della scienza e dell’ingegno umano per il bene comune“.
“Le mie invenzioni sono per salvare l’umanità, non per distruggerla” nella sciagura del Titanic del 1912, il salvataggio di settecento passeggeri sarà merito dell’apparecchiatura installata a bordo da Marconi, grazie all’utilizzo delle onde radio.