TU K(I)AMALA SE VUOI…OCCASIONE

Fino a qualche ora prima del “gran rifiuto” Bideniano qualcuno aveva avuto notizie sul suo Vicepresidente?

A parte la trionfale entreè post elettorale di 4 anni fa, quando Kamala Harris, prima donna, di colore, vicepresidente degli stati Uniti, entrò a far parte dell’olimpo delle “prime” in qualcosa, nel corso di questi anni, all’ombra di un surreale politico di professione, non ci sono state grandi performances dell’agguerrita Procuratrice generale della California,

Qualche gaffe viralmente diffusa sui social, le sue memorabili risate (qualche volta imbarazzanti), una gestualità esuberante, ma nulla di clamorosamente politico, a parte forse l’accorato appello alle orde di immigrati, che premono sul confine sud, a non insistere.

Del resto “nella vita – diceva Flaiano –  i giorni veramente importanti sono quattro o cinque. Tutto il resto fa volume” e sicuramente un giorno importante per Kamala Harris è stato quello in cui il Partito Democratico americano si è reso conto delle reali condizioni del Presidente Joseph Robinette Biden Jr., detto Joe, apparso in tutta la sua umana fragilità.

La prospettiva di dover affrontare un drago del calibro di Donald Trump, redivivo e agguerrito più che mai, e per di più vittima di un attentato mancato per un soffio, deve aver fatto tremare le “vene ai polsi” a tutto il partito Democratico, soprattutto dopo l’inquietante confronto televisivo tra i due.

Ed eccola qui l’occasione, per una energica procuratrice californiana, di estrazione elitaria certo, ma disponibile subito a subentrare in corsa, come un deus ex machina o per restare in ambito holliwoodiano, come una Wonder Woman salvatrice della democrazia.

Ha detto che “vuole meritarsi la nomination” pur avendo già avuto importanti endorsement da personaggi del calibro di Obama o Nancy Pelosi, o di star come George Clooney che in pochi giorni hanno fatto lievitare le donazioni dei sostenitori della causa, cautamente interrotte qualche giorno prima della decisione di Biden.

Eppure non è ancora chiaro il suo programma, che a leggerlo ricorda tanto tanto da vicino lo stile “ma anche no” di veltroniana memoria.

È a favore dell’aborto, ma anche vicina alle comunità arcobaleno (la sigla è troppo lunga e complicata e non vorrei escludere nessuno) e alle loro politiche riproduttive.

Dichiara che la guerra in Israele è “durata anche troppo”, ma insieme allo slogan “due popoli due stati” conferma il supporto a Netanyahu e all’Ukraina.

È contro la diffusione delle armi, ritenuta “la principale causa di morte per i bambini americani” me è favorevole al Secondo Emendamento e a “leggi ragionevoli sulla sicurezza delle armi”.

Indisciplinata ma talentuosa, la definiva il suo ex portavoce Gil Duran, potenzialmente dotata, ma “non ha mai bucato lo schermo” e in quanto ad ars oratoria se la batte con la nostra altrettanto talentuosa Elly Schlein con la quale condivide la banalità di certi discorsi, prolissi,  divaganti e alla fine inconcludenti.

Tuttavia la sua fisicità erompe dai social dove dilagano meme e video con le sue gaffe e le sue risate a volte fuori luogo, ma pure graditi al pubblico più giovane e che alla fine forse tornano a suo vantaggio.

Riuscirà la valchiria Kamala a conquistare la Sala Ovale? Sarà l’occasione giusta per rompere un altro soffitto di cristallo e la retorica western di nostalgici miliardari spettinati?

“Lo scopriremo solo vivendo” cantava Lucio Battisti, che evidentemente si intendeva anche di politica oltre che di canzoni.

di Mira Carpineta