«Bbongiorne professore, ji me chiame Gabbriele D’Annunzio…»
Così, Antonio Di Loreto, immagina l’inizio del primo giorno di scuola del Vate al Regio Collegio Cicognini di Prato, «una delle più prestigiose scuole d’Italia, una miscela di college esclusivo e accademia militare, a metà fra l’università di Cambridge e l’accademia di West Point, collegio dove si formavano i futuri protagonisti della nascente Italia unita.» Era un bambino cresciuto in una piccola città di provincia catapultato in una scuola elitaria dove venne da subito preso in giro per il suo forte accento abruzzese.
C’è modo e modo per raccontare una storia e quello di Antonio è riconoscibile e coinvolgente. Saper raccontare significa anche affrontare un tema in maniera poco comune, non ripeterne gli schemi prefissati e rendendolo piacevole e accattivante e Di Loreto ci riesce «con un humour scoppiettante rispettandone però sempre l’indubbia grandezza, anzi esaltandolo, al punto da far venire la voglia a chi lo conosce solo superficialmente, di leggere le sue opere e di approfondire lo studio di un personaggio quanto meno straordinario», come scrive Paola Sorge nella presentazione del libro.
Antonio Di Loreto ci fa conoscere Gabriele d’Annunzio descrivendolo in modo leggero senza cadere nei consueti stereotipi del personaggio: scrittore decadente, legato al fascismo, il suo grande amore per Eleonora Duse… «Un altro stereotipo universalmente conosciuto e del tutto veritiero del nostro Gabriele è quello di essere stato, come direbbero nella sua città natale, Pescara, un acchiappone, un amatore seriale, uno spietato conquistatore di donne. Occorre però spiegare che, quasi certamente non ci sono referti clinici a comprovarlo, soffriva di satiriasi, un disturbo compulsivo maschile che spinge a ricercare nel corpo femminile un continuo appagamento sessuale che risulta poi di così breve durata da costringere ad una nuova caccia, ad una nuova conquista.» E se il suo grande amore fosse stato, dopo se stesso, Barbara Leoni, l’unica donna per la quale dichiarò di volersi uccidere se non l’avesse avuta con sé; se fosse stato il fascismo legato a lui, dal quale tanto attinse, e non il contrario; se fosse stato anche un eroe illuminato come traspare nell’idea costituzionale della reggenza di Fiume in cui si legge, tra l’altro: «La Costituzione garantisce inoltre a tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, l’istruzione primaria, il lavoro compensato con un minimo di salario sufficiente alla vita, l’assistenza in caso di malattia o d’involontaria disoccupazione, la pensione per la vecchiaia … il risarcimento dei danni in caso di errore giudiziario o di abuso di potere…» «Essa conferma perciò la sovranità collettiva di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di classe e di religione …» Sì, avete letto bene, e siamo nel 1920.
Ma torniamo a Di Loreto con un assaggio del suo libro:
«Ve lo ricordate il film western Per un pugno di dollari di Sergio Leone? Scena finale. Clint Eastwood, in mezzo alla strada principale del paese, grida a Gian Maria Volonté armato di fucile: Al cuore Ramon, al cuore! – indicandogli con la mano destra il punto sul petto dove avrebbe dovuto sparare. Questa scena era già avvenuta, in un contesto completamente diverso, nel 1919, quando d’Annunzio, il 12 settembre, dirigendosi verso Fiume, fu fermato dal generale Pittaluga che gli intimò di tornare indietro. I soldati al comando del generale gli avevano puntato i fucili contro e, per tutta risposta, mostrando il petto, d’Annunzio li sfidò con queste parole: Se sparate, mirate alle medaglie. Come andò a finire? Non solo il generale non ordinò il fuoco, ma lo lasciò passare augurandogli buona fortuna.»
Senza perderci in lungaggini vi dico il titolo del libro che, già da solo, basta per acquistarlo e per rappresentarne il contenuto:
Il mio nome è Gabriele (D’Annunzio). Biografia semiseria di un uomo fuori del comune.
Curiosi, eh? Lo trovate in tutte le librerie online!
David Ferrante
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Scrittore e sociologo, appassionato studioso e divulgatore della cultura popolare. Ha all’attivo diversi scritti d’impronta sociologica tra i quali due monografie pubblicate dalla Tabula fati e vari saggi all’interno di collettanee edite dalla Franco Angeli, dall’Università d’Annunzio di Chieti, ecc.
Tra i suoi lavori dedicati agli aspetti magici e leggendari della cultura popolare, oltre a diversi racconti, il saggio Tradizioni, riti e sortilegi del 24 giugno. San Giovanni Battista nella cultura popolare abruzzese (2018-2020). È ideatore e curatore delle antologie L’Ammidia. Storie di Streghe d’Abruzzo (2019), Fate, Pandafeche e Mazzamurelli. Storie di miti, superstizioni e leggende d’Abruzzo (2020) e Magare. Storie di Streghe d’Abruzzo v.2.
Nel 2022 esce la sua prima silloge personale Il dolore della luce. Racconti di streghe, fantasmi e d’amore in cui reale e irreale, amore e crudeltà cercano un punto d’incontro e di fusione.