Il termine stalking (dal verbo to stalk) deriva dalla terminologia inglese della caccia e significa “fare la posta, braccare la preda”. Viene utilizzato per indicare il reato di “atti persecutori”, in vigore dal 23.02.2009. Si tratta di un reato abituale, che si concretizza solo con la reiterazione nel tempo della condotta di minaccia o di molestia. La minaccia consiste nella prospettazione di un male futuro e ingiusto, come la minaccia di morte o di atti lesivi dell’incolumità personale.
La molestia si realizza attraverso comportamenti che determinano un’insistente e fastidiosa intromissione nella vita privata della vittima, come pedinamenti, appostamenti sotto casa o al luogo di lavoro, ripetute telefonate mute o minacciose, invio di numerosi sms, e-mail o messaggi sui social network. Lo stalking si confi gura quando la condotta di minaccia o molestia provoca nella vittima, alternativamente: – grave stato di ansia o di paura; – fondato timore per l’incolumità fisica propria, di un prossimo congiunto o di terzi soggetti legati da un rapporto affettivo; – alterazione delle proprie abitudini di vita, come il mutamento del percorso che conduce al luogo di lavoro o alla casa familiare, la modifi ca delle utenze telefoniche, l’essere costretto a non uscire nelle ore serali, il farsi accompagnare sul luogo di lavoro. Quando la condotta supera i limiti della minaccia o della molestia, e presenta i caratteri della violenza, lo stalking si considera assorbito nel reato più grave (maltrattamenti in famiglia, percosse, lesioni, omicidio tentato o consumato). A tutela della vittima di atti persecutori sono previste, quale misura di prevenzione, l’istanza al questore di procedere all’ammonimento verbale dell’interessato, e, quale misura cautelare, il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima. Lo stalker è punito a querela della persona offesa, da proporre nel termine di 6 mesi dalla commissione del fatto, con la reclusione da 6 mesi a 4 anni. La pena è aumentata se lo stalker è il coniuge legalmente separato o divorziato o una persona legata alla vittima da una relazione affettiva. Sia nella prevenzione che nella repressione del reato di stalking, un ruolo decisivo è svolto dallo psicologo. Nella prevenzione lo psicologo può attuare misure terapeutiche o di supporto psicologico rivolte al persecutore con la possibilità di prevenire l’escalation di violenza verso episodi drammaticamente irrimediabili. Per quanto riguarda la repressione, lo psicologo può fornire, ai fi ni dell’accertamento del reato, una valutazione psicologico-giuridica dello stato patologico di ansia o di paura da cui risulta affetta la vittima degli atti persecutori. Inoltre, qualora la vittima chieda il risarcimento del “danno da stalking”, assume importanza fondamentale la collaborazione tra la fi gura dell’avvocato e quella dello psicologo: infatti, nella prova della sussistenza degli elementi costitutivi del reato, toccherà allo psicologo dimostrare che proprio quel fatto ha determinato nella persona i pregiudizi esistenziali ed il danno psichico lamentati.Lorena DI GIAMBATTISTA (Avvocato)