Un racconto di Maddalena Francavilla
“Perdonami se non sono riuscita a darti una madre, ma io volevo darti qualcosa di più. Se quel proiettile avesse seguito un’altra traiettoria, ti giuro che non mi sarei fermata davanti a niente, tutti avrebbero dovuto conoscere la nostra storia, perché le cose non accadono da sole, è necessario che qualcuno faccia chilometri a piedi nella neve, sfidi lo sguardo dei soldati e menta senza tradirsi, scenda in piazza a chiedere il pane, […] cerchi di costruire un mondo migliore, un mondo libero.”
Maddalena Francavilla, docente e intellettuale bolognese di cui abbiamo recensito un racconto il mese scorso, dona ai lettori un’altra storia, frutto della complessa ricerca intrapresa su fonti scritte e orali e dell’intervista a Gabriella Zocca, membro della Sessantatreesima Brigata Bolero Garibaldi e insignita del titolo di patriota: la lettera che una giovane partigiana scrive ad Ester, la figlia appena nata. Vita è il nome di battaglia che la protagonista sceglie dopo l’8 settembre 1943, quando decide di combattere contro i nazifascisti, in favore della libertà: augurio e speranza da opporre al dramma del conflitto che sta distruggendo l’Italia da tre anni. Vita muore, colpita da un proiettile mentre consegna messaggi da un paesino all’altro per conto del Comando Partigiano dell’Emilia. L’autrice ne veste i panni e la colloca in una sorta di Aldilà laico, dal quale le dà voce: il senso delle parole di cui si fa portatrice sono eredità per ciascuno di noi e ci aiutano a prendere coscienza del valore di certi privilegi, che ci sembrano scontati o che addirittura disprezziamo, manifestando indifferenza verso chi è stato ammazzato affinché ne godessimo.
La narrazione presenta uno spaccato dell’esistenza nelle campagne attorno a Bologna durante l’inverno precedente la liberazione del Nord Italia. La guerra inghiotte tutto: padri, fratelli, mariti, cibo, vestiti; chi osa ribellarsi al potere costituito, comprovato e sostenuto dalla Guardia Nazionale Repubblicana e dalle brigate nere, viene picchiato, arrestato o ucciso tra i tormenti. Le sevizie riservate alle donne attive nella lotta sono di efferata durezza: violenze sessuali, taglio dei capezzoli, squarci nel corpo. Vita ha paura di essere scoperta, ma il desiderio di giustizia e il sogno di garantire un futuro diverso a sé e alla sua famiglia la spinge in bicicletta nei boschi, con una borsa a doppio fondo carica di armi e munizioni; le danno il coraggio di fronteggiare i soldati tedeschi, uno zaino in spalla e in mente l’informazione imparata a memoria per un compagno nascosto. Le concedono anche qualche gioia: l’ascolto di Radio Londra, le riunioni in brigata per discutere di democrazia – parola sconosciuta dopo un ventennio di dittatura; e soprattutto il matrimonio con il fidanzato, ‘tra un’incursione e l’altra di Pippo, il dispensatore di bombe’. E proprio questa unione, instaurata nelle condizioni meno favorevoli ma tanto desiderata, le regalerà Ester, che il destino renderà orfana di una mamma che ama lei quanto i diritti fondamentali dell’uomo.
Con Vita Partigiana Maddalena Francavilla conferma le sue doti letterarie: notevole è l’originalità del titolo, che gioca sul nome della protagonista collocandola, intanto, nel sistema di uno specifico perdiodo storico; la struttura narrativa a flashback circolare rende intima la partecipazione alla sua sventura di rivoluzionaria e di genitrice; e la testimonianza si trasforma in qualcosa di davvero reale – tanto che sembra di essere presenti sui luoghi in cui i fatti avvengono – grazie alla lingua che la collega predilige: una lingua di stampo verista, dal lessico dimesso ad arte e dal ritmo incalzante, sottolineato dall’uso sapiente della virgola e del punto.
Un lavoro ottimo, di alto significato etico, necessario nell’attualità.
Recensione di Simona Cascetti