Abruzzo, elezioni 2014
Ci vorrà qualcosa di più di quello che abbiamo visto in questi anni per un voto bis all’attuale Presidenza della Regione Abruzzo. E specificatamente ci piacerebbe vedere finalmente una strategia, una successione di pensieri fatta di idee concatenate invece che di cieca obbedienza alla Ue, banalità varie sulla crisi, trattative sui voti. La promessa o la speranza di una politica vera non sembra possano provenire da coloro che hanno già dato prova di quello che sono e che vogliono fare: la politica non è solo commercio e scambio di voti, comunicazione senza contenuti simil propaganda, potere, denaro e familismo, in luogo di partecipazione consapevole e informata.
Quella siffatta è politica vecchia, inevitabilmente costruita su giganteschi inciuci politico-affaristici, ammanicata, di relazione, talvolta collusiva. Vogliamo un Abruzzo con la banda larga ovunque, una politica ecologica radicale al posto di un adesivo Green appiccicato qua e là, una valorizzazione dei beni culturali che non si traduca in commercializzazione/monetizzazione.
Vogliamo un PIANO fatto di politica industriale, politica energetica, politica urbanistica, politica del territorio: fuori da questi parametri ci sono solo le luci che spunterebbero in fondo al tunnel. Ci sta benissimo il mantra del’enogastronomia e cucina tipica: il cecio ripieno e la marmellata di zucca, ma è piuttosto miserello come progetto di sviluppo unico, come unica fonte di sviluppo. Il nostro è un Paese che ha fatto un pezzo della storia dell’industria mondiale, chimica e automobilistica, navale e siderurgica, financo informatica! Altro che caccia e pesca.
L’Italia, e con esso l’Abruzzo – in testa alle regioni del Sud tanto da uscire per primo dall’Obiettivo 1 – è una grande nazione che contribuisce al Pil europeo per il 17-18%: è irrespirabile l’aria di fatalismo e rassegnazione che ci anestetizza per il tramite delle Regioni e prima ancora del Governo, con la quale si vuole far passare per inevitabili quanto sacrosante le ricettine della massaia Bruxelles. A che ci serve una Regione, interfaccia diretta della Ue, se essa non è capace una volta, dicasi una, di battere i piedi o se ci riesce i pugni? Se ci governa l’Europa in modo diretto che ci dobbiamo fare con il Presidente della Regione? Allora che il suo stipendio cada tra i tagli alla spesa pubblica prima ancora degli ospedali, sicuramente e di gran lunga, più necessari. Ebbene, una seconda candidatura dovrà elaborare una strategia di spessore, non di ripiego, che cominci dal Territorio e dalla sua tutela: l’Abruzzo sta diventando brutto.
Outlet, capannoni abbandonati, centri commerciali nei quali non circola nessuno e che non si sa di cosa vivono (ma forse gli studi di settore sono riservati ai baciati dalla fortuna), condomini enormi in mezzo al verde, palazzi vuoti e cadenti, macerie, marciapiedi e strade distrutti, coperti di sporco e spazzatura, tutto in un caos urbanistico che significa una cosa sola: sequestro del paesaggio. E’ vero, anche, che la classe imprenditoriale qualche volta arranca: ma se in mezzo a noi c’è materiale umano per nuovi capitani di industria, certamente questo sta scegliendo la putrefazione piuttosto che la lapidazione riservata agli imprenditori dalla politica inetta e colpevole. Gli Abruzzesi smettano di pensare che tanto non c’è niente da fare, comandano sempre loro: facciamo che dal feudalesimo ad oggi è passato abbastanza tempo per voltare pagina sui luoghi comuni.
PrimaPagina edizione Gennaio 2014 – Maria Paola Iannella, Direttore resp. Agenzia Giornalistica Economica d’Abruzzo